Ventidue anni e non sentirli
"Punto Fermo" di Daniela Marcone
La stessa tangente veniva chiesta ad altri imprenditori del mondo dell’edilizia. Contro alcuni, gli “uomini della paura”, come venivano chiamati in quegli anni i responsabili delle richieste estorsive, avevano sparato colpi e ferito, per rendere la paura, appunto, insopportabile. Contro altri bersagli i colpi erano stati punitivi in modo definitivo. Nicola Ciuffreda, imprenditore edile, ucciso nel suo cantiere in pieno giorno nel 1990 e Giovanni Panunzio, ucciso a bordo della sua Y10 mentre rientrava a casa. Panunzio sapeva di essere nel mirino perché aveva consegnato i suoi sospetti e le sue paure ad un memoriale scritto che poi aveva confermato davanti ad un giudice e da cui erano scaturiti 14 arresti. Giovanni Panunzio aveva continuato la sua vita, dopo quegli arresti, sentendosi sempre in pericolo, fino a quella sera del 6 novembre. In Comune si discuteva del Piano regolatore e come terribile coincidenza lui, che era andato via prima della fine della seduta, venne ucciso.
Il 1992 è stato l’anno delle grandi stragi di Cosa Nostra, quella di Capaci e quella di Via D’Amelio. Eppure nella nostra città, mentre guardavamo le immagini dei telegiornali che ci riportavano i disastri terribili compiuti da Cosa Nostra, non avevamo la percezione che la nostra criminalità organizzata compiva altrettanti disastri nella nostra città, che metteva in pericolo vite e la nostra intera economia legale. La sentenza relativa all’omicidio Panunzio è la prima in cui viene sancito il carattere mafioso della criminalità organizzata foggiana, la “Società”, di cui negli ultimi giorni si è tornato a parlare con la notizia dell’esistenza di una collaboratrice di giustizia, Sabrina Campaniello, che ha rivelato informazioni importanti. Questa notizia, che non è rimbalzata sulle nostre bacheche dei social, invece è una notizia grossa. E’ la prima collaboratrice proveniente dagli ambienti della criminalità organizzata foggiana.
Ecco, questo è il racconto, per sommi capi, di ciò che è successo.
Ecco, questo è il racconto, per sommi capi, di ciò che è successo.
Non mi stancherò mai di ripetere alcuni passaggi, come se fosse un mantra che segna il percorso del mio impegno. Io non li sento questi 22 anni trascorsi dall’omicidio di Giovanni Panunzio e vorrei che la sua morte non fosse considerata mai come una “vecchia” notizia di cronaca, bensì come un puntello importante della storia foggiana. Fino ad ora ho scritto di lui come di Giovanni Panunzio ma non dimentico che tutti i suoi cari e gli amici lo ricordano oggi ed in ogni giorno della vita come un marito, un padre, un amico. Per loro i 22 anni rendono solo un po’ più facile il ricordare quel tragico 6 novembre. È al loro fianco, con il cuore e l’impegno perché non accada ad altri, che mi riconosco.