‘U Favugne di Colasanto: un atto d’amore estremo per Foggia, a volte vittima ma molto spesso carnefice
Chi è di Foggia conosce bene il Favonio, in dialetto ‘U Favugnë, il vento estivo che soffia da sud e che rende l’aria soffocante. Come in una fornace ardente, aumenta la percezione del calore e la sua presa è forte e dura. Deve essere per questa similitudine con l’attività criminale locale che il giovane foggiano Antonio Colasanto ha scelto il nome del vento come titolo per il suo libro d'esordio.
Giurista e analista presso l’Omcom, Osservatorio mediterraneo sulla criminalità organizzata, firma la sua prima opera per la Casa Editrice Ibc Edizioni - I Comunardi (Leggi anche: La mafia foggiana in quattordici racconti più prologo: il libro del giovane Antonio Colasanto).
IL LIBRO. ‘Favugnë, storie di mafia foggiana’ è, forse, ciò che mancava per una seria narrazione di questo fenomeno criminale presente ormai da decenni nella città di Foggia.
Il libro è una denuncia a ciò che per anni si è osato solo sussurrare.
In bilico tra un saggio e un romanzo, tra descrizione e narrazione, il volume racconta la radicalizzazione nel tessuto sociale, amministrativo, commerciale e persino politico, della mafia foggiana. Per molto tempo non riconosciuta come piaga sociale ma costantemente sottostimata a malavita ordinaria.
È inoltre la testimonianza di un adolescente, e poi giovane, che ha ascoltato e riportato ciò che la città raccontava con le sue guerre, con i morti ammazzati e con tutto il sangue sparso non solo per i vicoli della zona storica dove ragazzini urlanti e sudati rincorrevano felici un pallone, ma su ogni strada cittadina dove la vita scandiva il suo ritmo quotidiano.
IL DESIDERIO DI RISCATTO. Lo scrittore descrive l’efferatezza e l’assoluta spregiudicatezza dell’attività criminale in Capitanata, narra delle affiliazioni, dei clan, delle loro strategie condivise e di tutti gli omicidi di uomini, imprenditori e non, che si sono ribellati alla logica mafiosa.
Mette dunque nero su bianco, con dovizia di particolari e in ordine cronologico, tutte “le gesta” delle famiglie Francavilla, Moretti, Pellegrino, Lanza, Sinesi. Racconta di come, alla fine degli anni ’70, il summit all’hotel Florio tra le varie organizzazioni, battezza con il nome de “La Società foggiana” quella che sarebbe diventata più genericamente, a detta degli inquirenti e del mondo della politica di Roma, la “quarta mafia”.
Non più, come si scriveva erroneamente, costola della camorra o sacra corona unita, ma identità precisa che mostra tutta la sua ferocia.
Come non essere d’accordo con Giovanni Mancinone, giornalista e scrittore di “Molise criminale”, che nella prefazione scrive: «È un libro-denuncia ma anche una dichiarazione d’amore verso una terra che non sa rinnegare anzi adora».
Una scrittura dolorosa quindi ma anche il desiderio di riscatto per questa terra che ingoia ancora bocconi amari.
Un atto d’amore estremo per questa città a volte vittima, ma molto spesso carnefice. L'AUTRICE. Cinzia Rizzetti