‘Lo Stato siamo noi’. Lo ripeteva sempre Francesco Marcone. “Lo Stato siamo noi”. Lo ripeteva al lavoro, con gli amici, in famiglia. Una frase che ricordano bene Daniela e Paolo, figli del Direttore dell’Ufficio del Registro di Foggia ucciso dalla mafia il 31 marzo del 1995. Ucciso, appunto, per aver fatto fin troppo bene il suo lavoro. Perché lo Stato per Francesco Marcone è ciascuno di noi, con i suoi comportamenti, i suoi gesti, le sue denunce, i suoi silenzi. Lui ha lavorato fino all’ultimo giorno, fino a quando la criminalità organizzata non ha deciso di fermarlo. E lo fa fatto nel modo più violento, quello mafioso. Sparandolo sotto il portone di casa sua. Ma il suo pensiero e la sua immagine, oggi, continuano a dare fastidio, ad essere un faro nel buio dell’illegalità diffusa e dello scarso senso civico delle nostre comunità. Per questo, i volontari di Libera che sono arrivati a Cerignola per partecipare a ‘E!State liberi 2012’, non hanno avuto dubbi. E sul capannone di contrada Toro, in un terreno confiscato alla mafia, hanno realizzato un murales colorato, ma soprattutto vivo. Con l’immagine di Francesco Marcone e la frase ‘Lo Stato siamo noi’.
L’INCONTRO CON I RAGAZZI DEL CAMPO - “Durante il campo di lavoro di Libera che si sta svolgendo a Cerignola su terreni confiscati alla mafia, mi sono incontrata con i volontari per vivere con loro un momento di confronto e di riflessione – spiega Daniela Marcone, figlia di Francesco e responsabile del coordinamento Libera di Foggia - . Nell’occasione, ho raccontato la storia di mio padre, del suo lavoro, delle sue convinzioni ed i ragazzi sono rimasti molto colpiti dalla sua figura lavorativa, perché hanno sentito molto attuale il tema dell’evasione fiscale e di come molti problemi si potrebbero risolvere se venissero recuperati i soldi che in tanti continuano ad evadere. Mio padre, però, combatteva i grandi evasori – ricorda Daniela – e sappiamo tutti come è andata a finire. Mentre raccontavo queste cose, ho più volte ricordato la frase che lui ripeteva sempre a me e a mio fratello: ‘Lo Stato siamo noi’. Una frase a cui sono particolarmente legata e che mi da lo come stimolo per essere più responsabili delle cose che ci riguardano”. Per questo, Daniela è rimasta favorevolmente colpita e contenta del fatto che “i ragazzi abbiamo voluto usare proprio questa frase per il Murales”.
LAVORARE SU TERRENI CONFISCATI ALLA MAFIA - Soddisfazione che ha contagiato anche Pietro Fragrasso, di Libera Cerignola, fra gli organizzatori del campo di lavoro che ha visto arrivare sui due terreni confiscati alla mafia di contrada Toro contrada Scarafone 16 ragazzi, fra i 18 ed i 30 anni, provenienti da tutta Italia e da tutte le condizioni sociali. “La frase e l’immagine scelti dai ragazzi concretizzano lo spirito di questo campo di lavoro, – dice Fragrasso – l’entusiasmo dei ragazzi, che ci hanno dato la forza per andare avanti, per non mollare. Perché non è facile proseguire le attività in questo contesto, ma proprio questa esperienza ci ha dato il mordente per non fermarci”. Dal 4 agosto ad oggi, ultimo giorno di campo, i ragazzi sono stati impegnati in lavori agricoli, di pulitura del vigneto dalle foglie, di zappatura degli ulivi. Insomma, hanno operato e lavorato su terreni confiscati alla mafia perché “sanno che un altro mondo ed un altro modo di vivere sono possibili”.