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“Marina? È come l'Italia: bellissima, ma piena di crepe”. Silvia Avallone sul suo nuovo libro

Dal Lanza, una mattinata con l'autrice di “Acciaio”

Buona la prima. Delle due session in programma quest'oggi con la scrittrice di Biella, la prima, dal Liceo classico V. Lanza, è andata sicuramente a buon fine, complice l'attenzione degli studenti dell'ottimo istituto foggiano. Silvia Avallone, scrittrice di punta del gruppo Rcs, tornata in libreria a tre anni di distanza dal pluripremiato“Acciaio” (Rizzoli, 2010), libro di recente portato anche sul grande schermo per la regia di Stefano Mordini (con Vittoria Puccini e Michele Riondino), ha incontrato gli studenti foggiani, presentando il suo nuovo lavoro dal titolo “Marina Bellezza” (sempre Rizzoli, 2013). Questa sera, il bis in libreria, alle ore 18.45, nello spazio live della Ubik. 
 
DALL'ITALIA SENZA OPERAI ALL'ITALIA SENZA FABBRICHE. “Volevo aggredire una serie di stereotipi, per questo ho messo due personaggi così opposti tra loro”. Storia di Marina ed Andrea: la prima bellissima, cresciuta sotto i palmizi di cartapesta di vallettopoli ma animata da una rabbia reale che cerca di incanalare nel verso giusto, quello della dedizione, dell'impegno, pur senza evitare di puntare a quel mondo dello spettacolo inteso quale unica chance di riscatto da una generazione deprivata di tutto, in primis del proprio futuro; il secondo all'opposto, appunto, come detto dalla stessa scrittrice biellese, introverso e riflessivo, con una laurea in mano ma vanificata a causa di un Paese che ha dimenticato qualsiasi ipotesi di posteri ed eredi e che, un bel giorno, decide di ritornare alle origini, di dedicarsi ai mestieri che furono, pur cercando di innovare, di emergere, di trovare una via. Tra loro, l'amore, anche, ma non solo: grimaldello e anzi motore di una vicenda che non racconta più l'Italia dei festini che dimenticava le fabbrica, ma un'Italia che le fabbriche – a dire della stessa Silvia Avallone – non ce le ha neanche più.
 
UN RITORNO EXTRAVAGANTE. “Acciaio all'epoca fu una dichiarazione di guerra in un periodo nel quale l'Italia sembrava essere solo quella delle feste, anzi di un certo tipo di festini – ha detto l'autrice, tracciando un paragone tra il suo precedente lavoro e quello presentato quest'oggi al Liceo – lì infatti, volutamente, ho parlato del lavoro, degli operai, perché la gente sembrava essersi quasi dimenticata della loro esistenza. Oggi, invece, siamo abituati a sentire i bollettini di guerra delle fabbriche che chiudono ogni giorno e delle persone che se ne vano fuori, soprattutto della mia età. Davanti a questo scenario, mi sono fatta una domanda, prima di mettermi a scrivere: che reazione posso avere dinanzi a questo stato di cose?”. La risposta è concentrata in circa cinquecento pagine di romanzo, ben tratteggiato nella conversazione di questa mattina con la docente Maria Gabriella Cicerale, insieme con i colleghi Saverio Russo (in rappresentanza della Fondazione Banca del Monte-Siniscalco Ceci e del Dipartimento di Lettere dell'Ateneo foggiano) e Giovanni Cipriani, tutti tirati dentro, con il dirigente Giuseppe Trecca, in questa puntata degli Incontri Extravaganti (ribattezzati per l'occasione “Ritorni Extravaganti”, essendo quello della Avallone un ritorno nell'istituto foggiano, a distanza di circa tre anni). 
 
“LE COLPE DEI PADRI”. Nel corso della mattinata poi, ampio spazio come sempre alle domande degli studenti, motivati e anzi interessati a comprendere o, per meglio dire, a farsi anticipare dalla scrittrice protagonista (intesa alla stregua di una loro coetanea), ciò che potrebbe attenderli oltre la scuola. In questo senso, la declinazione che Silvia Avallone dà del futuro è onesta e spietata, interpretandolo come una sorta di debito, una cambiale inevasa che i “padri” si portano dietro e che devono (e dovranno ancora) ai loro figli. “Le colpe dei padri – ha spiegato in merito – sono tante e ricadono su di noi, sulla mia generazione e anche sulla vostra: hanno pensato per anni solo al presente e ci hanno consegnato un Paese bellissimo ma pieno di crepe, di Terre dei Fuochi, di Pompei diroccate... Marina Bellezza, la mia protagonista, è così, come l'Italia, bellissima e piena di crepe”. Nel romanzo, pertanto, l'intreccio è figlio stesso di questa riflessione e muove le storie – e le reazioni – dei due protagonisti anche se, avverte la scrittrice rispondendo ad una domanda dal pubblico, un distinguo va tenuto sempre a mente: “io faccio la scrittrice, non mi occupo di economia. Non è di certo compito mio dirvi come fare, non sono io a dover darvi la soluzione”. La letteratura infatti, a dire dell'autrice – e qui rivela tutto il suo background umanistico – non dà mai risposte. Ma solo, interminabili, domande.
Buona la prima. Delle due session in programma quest'oggi con la scrittrice di Biella, la prima, dal Liceo classico V. Lanza, è andata sicuramente a buon fine, complice l'attenzione degli studenti dell'ottimo istituto foggiano. Silvia Avallone, scrittrice di punta del gruppo Rcs, tornata in libreria a tre anni di distanza dal pluripremiato“Acciaio” (Rizzoli, 2010), libro di recente portato anche sul grande schermo per la regia di Stefano Mordini (con Vittoria Puccini e Michele Riondino), ha incontrato gli studenti foggiani, presentando il suo nuovo lavoro dal titolo “Marina Bellezza” (sempre Rizzoli, 2013). Questa sera, il bis in libreria, alle ore 18.45, nello spazio live della Ubik. 
DALL'ITALIA SENZA OPERAI ALL'ITALIA SENZA FABBRICHE. “Volevo aggredire una serie di stereotipi, per questo ho messo due personaggi così opposti tra loro”. Storia di Marina ed Andrea: la prima bellissima, cresciuta sotto i palmizi di cartapesta di vallettopoli ma animata da una rabbia reale che cerca di incanalare nel verso giusto, quello della dedizione, dell'impegno, pur senza evitare di puntare a quel mondo dello spettacolo inteso quale unica chance di riscatto da una generazione deprivata di tutto, in primis del proprio futuro; il secondo all'opposto, appunto, come detto dalla stessa scrittrice biellese, introverso e riflessivo, con una laurea in mano ma vanificata a causa di un Paese che ha dimenticato qualsiasi ipotesi di posteri ed eredi e che, un bel giorno, decide di ritornare alle origini, di dedicarsi ai mestieri che furono, pur cercando di innovare, di emergere, di trovare una via. Tra loro, l'amore, anche, ma non solo: grimaldello e anzi motore di una vicenda che non racconta più l'Italia dei festini che dimenticava le fabbrica, ma un'Italia che le fabbriche – a dire della stessa Silvia Avallone – non ce le ha neanche più.
UN RITORNO EXTRAVAGANTE. “Acciaio all'epoca fu una dichiarazione di guerra in un periodo nel quale l'Italia sembrava essere solo quella delle feste, anzi di un certo tipo di festini – ha detto l'autrice, tracciando un paragone tra il suo precedente lavoro e quello presentato quest'oggi al Liceo – lì infatti, volutamente, ho parlato del lavoro, degli operai, perché la gente sembrava essersi quasi dimenticata della loro esistenza. Oggi, invece, siamo abituati a sentire i bollettini di guerra delle fabbriche che chiudono ogni giorno e delle persone che se ne vano fuori, soprattutto della mia età. Davanti a questo scenario, mi sono fatta una domanda, prima di mettermi a scrivere: che reazione posso avere dinanzi a questo stato di cose?”. La risposta è concentrata in circa cinquecento pagine di romanzo, ben tratteggiato nella conversazione di questa mattina con la docente Maria Gabriella Cicerale, insieme con i colleghi Saverio Russo (in rappresentanza della Fondazione Banca del Monte-Siniscalco Ceci e del Dipartimento di Lettere dell'Ateneo foggiano) e Giovanni Cipriani, tutti tirati dentro, con il dirigente Giuseppe Trecca, in questa puntata degli Incontri Extravaganti (ribattezzati per l'occasione “Ritorni Extravaganti”, essendo quello della Avallone un ritorno nell'istituto foggiano, a distanza di circa tre anni). 
“LE COLPE DEI PADRI”. Nel corso della mattinata poi, ampio spazio come sempre alle domande degli studenti, motivati e anzi interessati a comprendere o, per meglio dire, a farsi anticipare dalla scrittrice protagonista (intesa alla stregua di una loro coetanea), ciò che potrebbe attenderli oltre la scuola. In questo senso, la declinazione che Silvia Avallone dà del futuro è onesta e spietata, interpretandolo come una sorta di debito, una cambiale inevasa che i “padri” si portano dietro e che devono (e dovranno ancora) ai loro figli. “Le colpe dei padri – ha spiegato in merito – sono tante e ricadono su di noi, sulla mia generazione e anche sulla vostra: hanno pensato per anni solo al presente e ci hanno consegnato un Paese bellissimo ma pieno di crepe, di Terre dei Fuochi, di Pompei diroccate... Marina Bellezza, la mia protagonista, è così, come l'Italia, bellissima e piena di crepe”. Nel romanzo, pertanto, l'intreccio è figlio stesso di questa riflessione e muove le storie – e le reazioni – dei due protagonisti anche se, avverte la scrittrice rispondendo ad una domanda dal pubblico, un distinguo va tenuto sempre a mente: “io faccio la scrittrice, non mi occupo di economia. Non è di certo compito mio dirvi come fare, non sono io a dover darvi la soluzione”. La letteratura infatti, a dire dell'autrice – e qui rivela tutto il suo background umanistico – non dà mai risposte. Ma solo, interminabili, domande.

di Redazione 


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