“Vorrei essere una mosca e volare nelle amministrazioni, negli uffici, nei cantieri di Foggia e chiedere: com’è possibile che una città capace di tirar fuori ragazzi così sia in fondo a tutte le classifiche italiane?” La domanda è di Beppe Severgnini, sulle pagine del Corriere della Sera di oggi, nella sua rubrica "Italians". È l’esito del suo passaggio a Foggia, lo scorso sabato 9 febbraio, nell’aula magna del Liceo V. Lanza.
TRASFORMARSI IN UNA MOSCA. Fuggi da Foggia. Ok. Ma non per i foggiani. O, quanto meno, non per gli studenti foggiani. Per i giovani: questi giovani.
Si può commentare così il resoconto di Beppe Severgnini, per la prima volta foggiano anche lui, ospite della città definita da Alberto Moravia “la più brutta d’Italia” e, restando in tema letterario, assunta a sfondo da Eugenio Montale in un suo celebre racconto dal titolo “Clizia” – sebbene non risulti un effettivo passaggio del poeta da queste parti. L’evocazione, quest’ultima, è tutta di Severgnini, posta ad incipit del suo articolo comparso oggi sul quotidiano di De Bortoli, all’interno della seguitissima rubrica Italians. Nel brano del poeta genovese – scrive sempre Severgnini – Clizia sogna di tramutarsi in ragno, a Foggia, dando l’ispirazione al giornalista per una sua chiusa ad effetto, provocazione nella lusinga, per giunta fedele alla “metafora entomologica” di Montale. Trasformarsi in mosca e vagare entro i corridoi di Palazzo di Città, tra gli uffici dei dirigenti super pagati, sorvolando i cantieri dei palazzinari, allo scopo di individuare quand’è “che si spegne la luce che ho visto in quegli occhi? Cosa succede? Quando avviene il danno, e per colpa di chi?”
GENERAZIONE TRASPARENTE. Gli Italiani di domani (questo il titolo del libro presentato da Severgnini) sono anche i foggiani di domani e, per uno degli intellettuali più seguiti d’Italia ("twittato", dice lui), non sono affatto male. Il giornalista sfrutta la loro intraprendenza per cavare altre “8 T” da contrapporre alle 8 porte da lui utilizzate nel suo ultimo lavoro editoriale, quegli 8 grimaldelli utili per aprire (e capire) il futuro, il quale forse non sarà più quello di una volta – come scrisse Paul Valéry, prim’ancora che la frase comparisse su qualche muro di Milano,
dacché ne dica lo stesso Beppe intervistato e colto in fallo – ma che, almeno a Foggia, può avere in questa “generazione trasparente”, come la definisce l’ottimo autore, l’unica e vera possibilità di riscatto di un periodo a dir poco buio. Ed è sintomatico che sia stato un intellettuale di Crema, per la prima volta qui, a farlo notare a tutti.
LA BUTTA IN POLITICA?. “Parlano gli italiani di domani – scrive ancora Severgnini nel suo articolo – cercando, per quanto possibile, di evitare le elezioni di oggi”. Vuole mantenersi lontano, insomma. Enumera tutte le altre “T” create dagli studenti – Tutti, Tipo, Troppo, Terrone, Testimonianza, Test, Terapia – e infine, conclude anche il suo pezzo sottolineando l’ultima T, quella di “Tutela”. E qui, diciamo, la butta in politica, non resiste, forse mancando leggermente il bersaglio – d’altronde è stato solo qualche ora, a Foggia, va perdonato. Cita (e dissente) uno studente di nome Alessandro, il quale “ritiene che la solidarietà sia più importante del merito. Solidarietà e successo non costituiscono un’alternativa; e la sinistra perderà sempre, se non lo capisce”.
E qui, il bravo Beppe tradisce la sua provenienza settentrionale e non fa i conti, fino alla fine, con il Sud. Anzi, proprio con Foggia. Lo scarto tra le due visioni è geografico, sociale, economico, e non (non solo) politico: il giovane studente vive il dispiacere (e il bisogno di riscatto) di una disparità tutta italiana, esito di una conseguenza storica. La fede politica, destra o sinistra che sia, conta davvero poco in questo caso. Perché passarci, da Foggia, è una cosa. Ma viverci, un’altra.