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"Ho ancora la merce bruciata dalle bombe, ma non scappo da Foggia"

Parla il padrone del bazar cinese sventrato a novembre

È difficile, difficile…”. Non parla molto bene l’italiano, ma ad alcune parole riesce dare il senso più profondo che possa esserci. Perché per Jiang Xiaoxin è stato veramente ‘’difficile’’ ripartire, dopo la bomba che lo scorso 9 novembre ha sventrato il suo locale a due passi da San Michele.  E a distanza di mesi, deve essersi ispirato a quel “mettete dei fiori nei vostri cannoni” per tenere a battesimo la riapertura del suo negozio: all’angolo di via Fania, infatti, oggi campeggiano dei colorati fiori che sembrano dare nuova luce alla zona.
LA RACCOLTA FONDI. In realtà, ad illuminare la via c’è stata anche la solidarietà di negozianti, residenti e semplici passanti, che hanno aderito alla raccolta fondi per aiutare Jiang Xiaoxin a riaprire. “Hanno raccolto 500 euro – spiega – e voglio ringraziarli con tutto il cuore. A me, però, quei soldi non bastano”. Da una sua personale stima, infatti, per ripartire  gli sarebbe servito che quella cifra fosse moltiplicata almeno per 40.
LA MERCE BRUCIATA. Ventimila euro, che comunque non sarebbero stati sufficienti a portare nel locale merce un po’ di merce nuova. “Noi abbiamo ancora i prodotti che stavano in negozio la notte della bomba – evidenzia – e anche se il contenuto è ancora integro, le buste o i contenitori sono un po’ bruciati. La gente pensa che siano vecchi o non utilizzabili e per questo non li compra. Il problema è che fino a quando non vendo questa merce non posso farmi arrivare l’altra”.
‘’VOLEVO FUGGIRE’’. Vende prodotti a prova di bomba, ma non è un’offerta pubblicitaria. E se le buste portano ancora addosso le tracce dell’esplosione, il negozio – alla ristrutturazione e ai lavori ha contribuito il padrone della struttura – non porta alcun ricordo di quella terribile notte. Jiang, però, ammette di aver pensato a una sua personalissima fuga: “Avevo avuto la voglia di andare via da Foggia, ma ripartire da zero da un’altra parte è ancora più difficile”.  Oltre a un calcolo economico, lo ha fatto desistere anche la generosità dei foggiani, un po’ meno quella di altri cinesi in città: “Nessuno di loro mi ha aiutato”.
A FOGGIA DA DIECI ANNI. Del resto, per lui Foggia è una seconda casa. Ci vive da dieci anni, sua unica meta italiana dopo il viaggio che lo ha portato via dalla sua piccola città a 400 km da Shangai. Però  quando gli si chiede come mai si sia trovato proprio a Foggia, abbassa lo sguardo, fa spallucce e preferisce non rispondere. Non si tira indietro, invece, sulla domanda “fatale” riguardante la richiesta di estorsioni: “Non so perché hanno messo la bomba – ribadisce –. Io non ho mai ricevuto minacce”.
 

di Redazione 


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