LA VICENDA. Chiarisco che, essendo professionalmente coinvolto nella vicenda, in quanto co-difensore del soggetto di maggior interesse investigativo perché additato come capo-clan, non intervengo nella mia qualità di presidente della camera penale di Bari ma a titolo strettamente personale, al fine di evitare una strumentalizzazione dei ruoli che non sarebbe corretta. E dunque, a chi come il sottoscritto conosce a fondo la vicenda ed ancor meglio conosce la realtà lavorativa nella quale la stessa si è sviluppata, risulta doveroso operare alcuni chiarimenti che ridimensionano notevolmente l’accaduto, lasciando un sapore di strumentalità per il gratuito allarme ingenerato nell’opinione pubblica.
LE PAROLE DELLA BINDI. Peraltro, sorprende, e non poco, il metodo adoperato dal Presidente di detta Commissione, che ha dato prova di aver esaurito i Suoi approfondimenti attraverso la sola audizione della Magistratura inquirente, giungendo così, con una condanna inappellabile, ad individuare il responsabile in quella giudicante. Sul punto è sufficiente richiamare quanto dalla stessa testualmente dichiarato agli organi d’informazione, evocando punizioni esemplari,in quanto “non mancheranno, da parte del Csm, delle indagini per capire di chi è la responsabilità. Noi abbiamo ascoltato la magistratura inquirente e riteniamo che il suo sia un lavoro prezioso e consapevole della criticità di questa provincia. E' evidente che la scarcerazione di quattro elementi pericolosi è legata alla responsabilità della magistratura giudicante”. Ed allora, anche al fine di non allarmare oltre il dovuto l’opinione pubblica, appare necessario chiarire che proprio la “pietra dello scandalo” dell’ipotizzata scarcerazione del capo-clan, è in realtà un colpo “a salve”, nel senso che la posizione restrittiva di questi non è mutata di una virgola, in quanto già si trovava in regime di arresti domiciliari ed in tale condizione è comunque rimasto anche dopo tale scarcerazione, in forza di altro provvedimento giudiziario dello stesso tenore.
NESSUN BOSS E' FUORI. Come si vede, quindi, nessun ipotetico capo-clan è stato restituito alla pubblica via in quel di Foggia, né tanto meno ha lasciato le patrie galere, come le su riportate dichiarazioni lascerebbero invece immaginare.
Al contrario, al posto del Presidente, mi sarei preoccupato di registrare la cronica carenza di Magistrati e Cancellieri di quell’Ufficio, evocando piuttosto conseguenze per chi determina tali carenze, costringendo addirittura i Magistrati di quell’Ufficio a condividere fra Colleghi l’apporto irrinunciabile dei Cancellieri.
Evidentemente sfugge al Presidente che in quell’Ufficio vi sono problemi di ogni genere, finanche per la carta per le stampanti, avendo la locale Corte di appello diramato lo scorso 10 luglio una nota con la quale informava tutti gli Uffici giudiziari dell’esaurimento dei fondi previsti per tale voce.
LA LUNA E IL DITO. Ed allora, alla luce di tali informazioni, rifletta se non sia il caso di impiegare questo Suo ammirevole vigore, per la copertura della pianta organica di quell’Ufficio, sottodimensionata sia come Magistrati che come Cancellieri, rivolgendo quelle critiche ai Suoi Colleghi, per non aver ricoperto i ruoli esistenti in maniera adeguata ai carichi processuali dell’Ufficio Gip del Tribunale di Bari, destinatario dei procedimenti di competenza della D.d.a. di tutto il distretto.
Insomma, guardi la luna e non il dito!