Quando la forza motrice era un bue e l'involucro era il legno di un carro reso rovente dal sole. Quando la pietra di una masseria accoglieva intere famiglie raccolte attorno ad un pasto e la fatica del lavoro contadino aveva il sapore della condivisione. Arcaico eppure così presente resta il cosmo contadino della Capitanata. Atmosfere fermate dallo scatto di una macchina fotografica, frammenti di vita contadina immortalati dal fotografo Samuele Romano, per la mostra fotografica allestita da Murales. Tracce, il titolo di questa esposizione introdotta dal docente dell'Accademia di Belle Arti di Foggia, Antonino Foti. Tracce. Perché scopre e si pone sulle tracce di quei sapori, di quegli odori, di quelle antiche e sempre nuove abitudini del mondo contadino. Su quelle tracce si pose anche l'aedo popolare del Sud, Matteo Salvatore, a cui si è voluto dare un tributo attraverso la voce e la chitarra di un suo allievo, Nicola Briuolo, e dei musicisti Bernardo Bisceglia al mandolino, Giovanni Mastrangelo al contrabbasso e Dario Romano alla chitarra. Suoni e immagini; da una parte il portale sontuoso di Lucera dissonante con il cemento della città, il paesaggio lacustre di Occhito e i suoi accecanti bagliori, dall'altra le note di "E’proibito", ilare e canzonatoria lirica sulle gerarchie fasciste, dallo spazzino al capo spazzino, atte a vietare, senza che il dubbio minacci le loro menti obbedienti. Da una parte la torre di Tertiveri, dall’altra le note di "Sempre poveri" o "Lu forestiero" dorme sull’aia, echi di una miseria contadina che è la stessa dello Stato, quello che Matteo Salvatore chiama lupo di pietra senza denti per le povere pecorelle meridionali, quello stato composto dalle stelle della Legge che
non possono proteggere le stalle.."
E non si può dimenticare il lamento cantato ne “Lu forestiero sull’aia”, quello dei lavoratori stagionali, i cosiddetti forestieri, concorrenti dei contadini locali, che dormivano all’aria aperta, alla frescura e per cuscino avevano dei sacchi. Balena nella mente degli spettatori un monito, che quella storia racconti si di miserie, ma senza vergogna, perché come fa capire Briuolo, era una miseria densa di misteriosa dignità.
Quando la forza motrice era un bue e l'involucro era il legno di un carro reso rovente dal sole. Quando la pietra di una masseria accoglieva intere famiglie raccolte attorno ad un pasto e la fatica del lavoro contadino aveva il sapore della condivisione.
Arcaico eppure così presente resta il cosmo contadino della Capitanata: atmosfere fermate dallo scatto di una macchina fotografica, frammenti di vita contadina immortalati dal fotografo Samuele Romano, per la mostra fotografica allestita da Murales, il piccolo ateliér di abbigliamento etnico in via Arpi, che ospiterà le opere di Romano fino a sabato 18 maggio.
"TRACCE". "Tracce" è il titolo di questa esposizione introdotta (giovedì scorso durante la presentazione dell'evento) dal docente dell'Accademia di Belle Arti di Foggia, Antonino Foti. "Tracce", perché scopre e si pone sulle tracce di quei sapori, di quegli odori, di quelle antiche e sempre nuove abitudini del mondo contadino.
IL MONDO DI MATTEO SALVATORE NEGLI SCATTI DI SAMUELE ROMANO. Su quelle tracce si pose anche l'aedo popolare del Sud, Matteo Salvatore, a cui si è voluto dare un tributo attraverso la voce e la chitarra di un suo allievo, Nicola Briuolo, e dei musicisti Bernardo Bisceglia al mandolino, Giovanni Mastrangelo al contrabbasso e Dario Romano alla chitarra.
Suoni e immagini: da una parte il portale sontuoso di Lucera dissonante con il cemento della città, il paesaggio lacustre di Occhito e i suoi accecanti bagliori, dall'altra le note di "E’proibito", ilare e canzonatoria lirica sulle gerarchie fasciste, dallo spazzino al capo spazzino, atte a vietare, senza che il dubbio minacci le loro menti obbedienti. Da una parte la torre di Tertiveri, dall’altra le note di "Sempre poveri" o "Lu forestiero dorme sull’aia", echi di una miseria contadina che è la stessa dello Stato, quello che Matteo Salvatore chiama "lupo di pietra senza denti per le povere pecorelle meridionali", quello stato composto dalle "stelle della Legge che non possono proteggere le stalle".
E non si può dimenticare il lamento cantato ne “Lu forestiero dorme sull’aia”, quello dei lavoratori stagionali, i cosiddetti forestieri, concorrenti dei contadini locali, che dormivano all’aria aperta, alla frescura, e per cuscino avevano dei sacchi.
Balena nella mente degli spettatori un monito, che quella storia racconti si di miserie, ma senza vergogna, perché come fa capire Briuolo, era una miseria densa di misteriosa dignità.