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"Un attentato come in Afghanistan, ora è paura seria"

Parla (solo) l'edicolante. E gli altri?

Il day after è quello che più o meno ci si aspettava. Tensione, paura, sconforto. A parlare è l’edicolante nei pressi del negozio Bibop, dopo la bomba esplosa questa notte che ha mandato in frantumi buona parte del locale commerciale. Anche l’edicola ha subìto dei danni ma, ciononostante, denunciare quanto accaduto, o semplicemente manifestare la propria paura per una situazione – una città? – piuttosto drammatica, resta un punto fermo di chi lavora ed è intenzionato ad “andare avanti”, proprio come nelle parole dell’edicolante.
TUTTI HANNO PAURA, MA NESSUNO PARLA. Non la stessa cosa si può dire dei negozi di abbigliamento della zona, quelli proprio dirimpetto all’attività commerciale colpita dall’attentato, gli stessi che questa mattina ripulivano i manichini dalla polvere, toglievano i vetri, spazzavano i calcinacci e i danni causati dall’esplosione. Come nelle precedenti occasioni, nessuno ha voglia di parlare, di denunciare una situazione ormai giunta ad un punto di non ritorno. La paura, lo shock, lo scoramento: sono tutte reazioni ammissibili, ci mancherebbe, ma non devono essere le uniche. Alzare la voce, dare dei segnali, sollecitare l’opinione pubblica, scuotere le forze dell’ordine che, nonostante i fermi e il dispiegamento di mezzi delle scorse settimane, sembrano incapaci di dare segnali forti alla malavita organizzata, sono tutti comportamenti importanti in simili situazioni, in grado di mettere insieme le forze, di unire la società civile, di fare da collante.
LA SOCIETA’ CIVILE. Le parole del magistrato Nicola Gratteri e del giornalista Antonio Nicaso di lunedì scorso, suonano quanto mai attuali in questo momento: è dal basso, dalla società civile, prima di tutto, che deve nascere la reazione. Se poi, come questa mattina, si cerca di sentire le ragioni e il dramma vissuto da chi abita esattamente sopra il negozio colpito dall’attentato e questi si lamenta per i migranti e per le prostitute della zona, persino dannandosi del fatto che l’esplosione li avesse risparmiati, allora ci si sorprende un po’ meno di quanto accaduto e di certe reazioni percepite all’indomani di un simile atto criminale. La speranza invece, è che non esistano città “naturalmente portate” ad essere governate da forze che non sono quelle legali e che Foggia non sia tra queste. A tale rifiuto, Foggia Città Aperta auspica, nuovamente, la nascita di una vera e propria associazione antiracket, come accaduto in altre realtà d’Italia: un piccolo passo, forse, ma un passo, un segnale importante per chi invece ci crede in questa città e, a fatica, vuole riprendersela.

di Redazione 


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