Aggressione nel carcere di Foggia, il sindacato di Polizia penitenziaria insorge: "Poca vigilanza e sicurezza"
“Poca vigilanza e sicurezza delle strutture penitenziarie”. È l’accusa di Daniele Capone, vice segretario generale del sindacato Polizia Penitenziaria “S.PP.”, nel commentare l’ultima aggressione verificatasi nel carcere di Foggia.
LA VICENDA. Cinque agenti della polizia penitenziaria, infatti, sono rimasti feriti da un detenuto di 48 anni, esperto di arti marziali. Le vittime sono state trasportate al pronto soccorso degli Ospedali Riuniti di Foggia, dove sono state medicate per ferite giudicate guaribili dai 3 ai 5 giorni. Ancora sconosciuto il movente dell'aggressione e tra gli agenti, anche uno già vittima in passato di un episodio analogo.
LE SEGNALAZIONI. “Il detenuto che ha aggredito fisicamente i colleghi non era nuovo a simili comportamenti. Di fatto – denuncia Capone -, già in un recente passato si era mostrato aggressivo ed intemperante nei confronti di altri operatori, medici specialisti, educatori, tanto da far richiedere alla Direzione della Casa circondariale di Foggia, un allontanamento dalla struttura dello stesso detenuto, per ragioni di ordine e sicurezza”.
LE PROBLEMATICHE. Il detenuto “risulta essere affetto da serie problematiche di natura psichiatrica – prosegue il vice segretario -, ma come è ben noto le strutture penitenziarie che una volta venivano chiamate OPG, ospedali psichiatrici giudiziari, troppo frettolosamente sono state chiuse. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: le carceri ‘ordinarie’ si trovano a dover gestire soggetti affetti da patologie psichiatriche senza avere personale specializzato, senza avere reparti appositi, senza che il personale di polizia sia stato adeguatamente formato per la gestione di simili soggetti. Tutto ciò ha fatto inevitabilmente aumentare gli episodi di violenza tra i detenuti e il numero delle aggressioni portate in danno dei poliziotti penitenziari o altri operatori”.
LE ISTANZE. Dopo quest’ultimo episodio – conclude Capone – “ci auspichiamo che l’Amministrazione penitenziaria, anche regionale, sia più sollecita a recepire le istanze provenienti dalle periferie, soprattutto quando queste istanze segnalano fatti e circostanze dalle quali scaturiscano eventi critici che possono mettere a repentaglio l’incolumità degli operatori”.
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