IL FATTO. Secondo gli inquirenti, da qualche tempo, l’uomo aveva cominciato a perseguitare alcuni testi del processo dell’omicidio di Andrea Niro, avvenuto ad Apricena il 27 settembre 2011.
Pochi giorni dopo il fatto, i carabinieri arrestarono due uomini (Salvatore Di Summa e Luigi Martello), recentemente condannati in primo grado a 26 anni di reclusione. Il processo si è svolto in un clima di tensione, viste le reticenze di alcuni testimoni, evidentemente spaventati ed intimiditi.
Dalle indagini dei carabinieri, diretti dalla Procura della Repubblica di Lucera, è emerso che il 35enne - per indurre uno dei testi cardini a rendere falsa testimonianza -aveva fatto circolare la voce tra conoscenti ed amici che Di Summa, una volta uscito dal carcere, lo avrebbe fatto uccidere.
Atti persecutori e minacce finalizzate a garantire l’impunità dei responsabili di un delitto efferato, con un modus operandi tipico della criminalità organizzata, caratterizzato dalla scelta di non minacciare direttamente il teste ma di fare “terra bruciata” intorno a lui, isolandolo dal contesto sociale. Grazie alla sua azione denigratoria e intimidatoria De Cato, spiegano gli inquirenti, era riuscito a far licenziare l’uomo dal posto di lavoro dopo aver detto al titolare della ditta dove era impiegato che la sua presenza lo avrebbe messo in difficoltà. La vittima, tra l’altro, una volta licenziata non era riuscita a trovare lavoro altrove, poiché le voci messe i giro erano giunte anche gli altri datori di lavoro a cui si era rivolto.