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Tra Puglia e Calabria, sgominata la banda del caveau

La Polizia ha arrestato gli autori della rapina compiuta nel dicembre 2016 al caveau dell'istituto di vigilanza Sicurtransport di Catanzaro. La rapina, messa in atto con metodi paramilitari e l'uso di mitra e sofisticate apparecchiature elettroniche, fruttò oltre 8 milioni di euro. I banditi sfondarono con un mezzo cingolato i muri corazzati del caveau e bloccarono le strade di accesso incendiando 11 auto. Agli arrestati viene contestata l'aggravante della metodologia mafiosa perché una parte dei proventi è stata corrisposta alle famiglie di 'ndrangheta della zona. Le indagini sono state coordinate dalla Dda di Catanzaro e condotte dallo Sco e dalle Squadre mobili di Catanzaro e FoggiA. 

LA VICENDA. La sera della rapina, circa 20 persone, armate pesantemente, avevano bloccato le vie d’accesso alla zona industriale di Catanzaro ove è sito il caveau utilizzando come sbarramento autovetture e mezzi pesanti, tutti provento di furto, che incendiavano al fine di ostacolare un tempestivo intervento delle forze di Polizia, cospargendo anche le strade di chiodi; il “commando” aveva utilizzato inoltre sofisticate apparecchiature tipo “jammer” per inibire le conversazioni telefoniche, impossessandosi del denaro, dopo essere riuscito a penetrare all’interno del caveau utilizzando un grosso escavatore munito di punta demolitrice per effettuare la “spaccata”. I

L SODALIZIO. L’attività d’indagine, avviata nell’immediatezza dal gruppo di investigatori del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e delle Squadre Mobili di Catanzaro e Foggia ed effettuata tramite intercettazioni telefoniche e ambientali, nonché mediante l’analisi di tabulati telefonici e delle relative celle, sviluppata a seguito del clamoroso episodio delittuoso, ha consentito di acquisire elementi tali da far desumere che all’interno del gruppo criminale autore della rapina, vi fosse la presenza di soggetti provenienti dalla regione Puglia, e più precisamente appartenenti ad un sodalizio organizzato cerignolano, dedito alla commissione di analoghi reati. 

IL BASISTA. Più recentemente una collaboratrice di giustizia, legata sentimentalmente ad uno degli organizzatori del colpo, ha fornito agli investigatori dichiarazioni su fatti e circostanze relativi al suo compagno ed al ruolo primario da costui svolto nella vicenda. Le dichiarazioni della collaboratrice hanno corroborato il quadro probatorio nei confronti di una serie di soggetti già emersi nelle indagini, specificandone i ruoli rivestiti rispetto alla partecipazione alla rapina ed hanno costituito riscontri ritenuti utili all’emissione dell’odierno provvedimento di fermo in particolare per quanto riguarda la logistica e le fasi della fuga del commando dal luogo e da Catanzaro, tutte fasi nella quali la donna è stata direttamente coinvolta. Le sue dichiarazioni hanno consentito inoltre di ottenere conferme sulla presenza di un basista, all’interno dell’Istituto di Vigilanza Sicurtransport, che si era incontrato con uno degli organizzatori e gli aveva fornito un video dell’interno del caveau finalizzato all’individuazione del punto in cui effettuare “la spaccata” che avrebbe consentito poi l’esecuzione del colpo. Secondo le investigazioni eseguite parte del bottino è stato poi stato distribuito, quale dono in segno di rispetto e deferenza, ai capì delle principali consorterie di ‘‘ndrangheta del catanzarese e del crotonese.

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di Redazione 


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