Carcere di Foggia, detenuto vince la sua battaglia: sconto di pena ‘retroattivo’ per condizioni inumane
Il detenuto può ottenere uno sconto di pena in caso di sovraffollamento anche dopo che è stato trasferito in una cella più grande, a norma con i diritti umani. Lo ha ribadito la Cassazione, annullando senza rinvio il decreto del giudice di Sorveglianza di Foggia impugnato da un detenuto, Alban K. che chiedeva, ai fini risarcitori, la riduzione della pena detentiva da espiare con riferimento a 1.405 giorni (dal 2009 al 2014) trascorsi in carcere "in condizioni inumane".
IL ‘RISARCIMENTO’. Si estendono così gli effetti della sentenza 'Torreggiani', emessa dalla Corte europea dei diritti umani a carico dell'Italia per la situazione delle carceri, anche quando viene meno "l'attualità" del pregiudizio subito dalla persona reclusa. Il rimedio dello sconto di pena è stato introdotto con norme del 2013 e 2014 dopo le sentenze della Cedu. Per chi è tornato libero e non ha interesse allo sconto, è previsto, un risarcimento di otto euro per ogni giorno passato in una cella disumana Per chi è ancora in carcere è previsto un giorno in meno di cella ogni dieci giorni trascorsi in condizioni di sovraffollamento.
PRIMA INAMMISSIBILE. Nel caso che ora farà giurisprudenza, il magistrato di sorveglianza, con decreto del novembre 2014, aveva dichiarato "inammissibile" la richiesta del detenuto presso la casa circondariale di Foggia sulla base del fatto che la sua richiesta non era più attuale. Contro il decreto, Alban K. ha fatto ricorso in Cassazione, facendo presente che il "pregiudizio derivante da condizione detentiva degradante e inumana" subìto era stato "determinato da un comportamento dell'amministrazione penitenziaria".
LA DECISIONE. La Prima sezione penale ha così annullato il decreto impugnato sottolineando che "pur avendo il legislatore ricondotto il pregiudizio derivato al detenuto dalle condizioni inumane e degradanti della carcerazione a quello più generale dell'esercizio dei diritti del soggetto ristretto, derivante dall'inosservanza da parte dell'amministrazione penitenziaria di disposizioni previste dall'ordinamento penitenziario, ciò non autorizza a ritenere che le caratteristiche di gravità a attualità del pregiudizio costituiscano presupposto essenziale per accedere al rimedio risarcitorio compensativo che può essere richiesto dal detenuto al magistrato di sorveglianza a norma dei commi 1 e 2 dell'art. 35-ter O.P.
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