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Caro imprenditore, ti scrivo... La lettera aperta della Cgil su giovani e lavoro, tra bamboccioni e Reddito di cittadinanza

Cari imprenditori, della condizione dei giovani si parla in modo inappropriato. Lo scrive la Cgil Puglia, che ha voluto indirizzare una lettera aperta con la firma di Pino Gesmundo, Segretario generale Cgil Puglia e Maria Giorgia Vulcano, Responsabile Dipartimento Politiche Giovanili Cgil Puglia. Il tema è quello del "lavoro povero e ritardo dello sviluppo, con i giovani vittime e non colpevoli".

LA LETTERA. C’è chi li ha chiamati bamboccioni, accusati di stare a lungo a casa con i genitori. Chi li vorrebbe al lavoro nelle vigne in età in cui non si è ancora terminata la scuola dell’obbligo. Ci sono poi quelli che li accusano di preferire il divano e meglio ancora il reddito di cittadinanza – tra questi tantissimi imprenditori e qualche politico – piuttosto che un lavoro, fa niente se precario, sottopagato, sfruttato, magari gratis, “perché la gavetta così si fa, l’importante è imparare un mestiere” (questa è di qualche ricco manager con residenze in paradisi fiscali).
 
Poveri giovani, causa di tutti i mali di un paese dove l’evasione fiscale supera i 100 miliardi di euro l’anno e nel mercato del lavoro sussistono in ogni settore ancora caporalato e para schiavismo. Con mille e trecento morti l’anno per mancanza di sicurezza. Cari imprenditori, in questo Paese, purtroppo, dei giovani e della loro condizione si parla non solo in modo inappropriato, ma anche poco. Crediamo del tutto insufficiente che tale dibattito affiori tra le pagine della cronaca nazionale esclusivamente a ridosso dell’estate, offrendo una lettura del tutto parziale del problema e, di conseguenza, proposte altrettanto parziali per la sua risoluzione.
 
Cari imprenditori pugliesi, ci rivolgiamo a voi, a chi lamenta ogni anno – e ben prima che esistesse il Reddito di cittadinanza –mancanza di manodopera in ogni settore, dall’industria del turismo all’agricoltura: smettiamola di accusare i giovani di scarsa volontà, di appesantirli di una responsabilità sociale che non hanno. Perché parliamo di una generazione che soprattutto al Sud, nella nostra regione, vive una drammatica esclusione a partire dall’impossibilità a costruirsi percorsi di vita autonoma. Una situazione aggravata dalla pandemia, che ha aumentato gli stati di stress, ansia e paura circa il futuro, costretti in tantissimi – lo dicono gli esperti – a dover ricorrere anche al sostegno psicologico di specialisti.
 
Gli ostacoli all’accesso all’istruzione ed al diritto allo studio, pre-esistenti all’emergenza sanitaria ma per i quali la Dad ha avuto un ruolo rivelatore, e le difficoltà di prefigurarsi un domani a causa di una mancata indipendenza economica, hanno ricadute serie anche sullo stato della salute mentale. Un domani che ci ostiniamo a pensare tale, immaginando di aver tempo per progettare correttivi, ma che è in verità un drammatico oggi, un presente in cui i giovani under 35 sono anche in Puglia la fascia d’età più povera, umiliati da lavori precari e poveri, da una giungla di contratti che è stata messa su con l’unico scopo di sostenere il profitto delle imprese avvilendo diritti e garanzie economiche di chi lavora, al punto che è povero anche chi ha un’occupazione. Apprendistati, tirocini, part time oltre al diffuso lavoro nero e grigio, al cottimo, alla dilatazione a dismisura degli orari di lavoro senza rispetto della persona.
 
Cari imprenditori, denunciamo assieme chi fa concorrenza sleale comprimenti diritti e salari a danno di chi rispetta le leggi. Sappiamo, sapete, che non è il reddito di cittadinanza un ostacolo al reperimento di manodopera, perché pochissimi giovani ne sono percettori, perché nemmeno di sussistenza sono spesso gli indennizzi e mai preferibili a un salario degno come da contratto di lavoro. Questa è una terra dove prevale lavoro non specializzato, con basse paghe anche quando in regola. Da questa condizione di povertà, di sfruttamento, scappano i giovani: tra il 2000 e il 2020 hanno trasferito la propria residenza all’estero oltre 90mila pugliesi, e in altra regione italiana 470mila. Misura di quell’impoverimento sociale e demografico che rischia davvero di rendere vani gli sforzi che ai tavoli istituzionali ogni attore sociale sta compiendo per costruire progettualità che sostengano la crescita economica e sociale di questa regione.
 
Cari imprenditori, oggi le opportunità ci sono più che mai, dai fondi del Pnrr a quelle della programmazione comunitaria. Se c’è un problema di incontro tra domanda e offerta di lavoro sediamoci nelle sedi preposte per costruire buone pratiche, magari potenziando e valorizzando il sistema pubblico dei centri per l’impiego. Se c’è un problema di professionalità che mancano, chiamiamo in causa tutte i soggetti coinvolti per immaginare quali interventi sul sistema dell’istruzione e della formazione. Chiediamo a tutti, imprenditori in primis ma anche alla politica che procede spesso per slogan e propaganda, di avere un atteggiamento serio e rispettoso nei confronti dei più poveri che con il Rdc – lo dice la Banca d’Italia - sono riusciti ad affrontare le difficoltà della pandemia. Così come serve rispetto per i giovani, una generazione preoccupata e sofferente, disposta a mettersi in gioco – lo facevamo notare rispetto alle massicce adesioni alle selezioni di multinazionali che investono in Puglia o con la partecipazione a concorsi pubblici – quando è certa di non finire in un sistema che tritura sogni, aspettative, anche vite. Smettiamola di avvilire i giovani, vittime loro malgrado di un periodo storico non certo favorevole tra pandemie, guerre, recessioni economiche. Investiamo in buona occupazione, in sostenibilità sociale e ambientale, in innovazione e qualità. E siamo certi che proprio i giovani saranno i protagonisti della crescita del Paese, del Mezzogiorno, della Puglia.

di Redazione 


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