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"Io so io e voi non siete un ca...": dopo la festa di laurea in Sala Fedora, Landella fa il Marchese del Grillo

“C’era una volta un Re cche ddar palazzo
mannò fora a li popoli st’editto:
Io so io, e vvoi nun zete un cazzo,
sori vassalli bbugiaroni, e zzitto!”.

IL MARCHESE DEL GRILLO. Avevamo commentato la vicenda, ormai nota, della festa di laurea celebrata nella sala Fedora con la battuta di Totò C’è chi può e chi non può… io può. Evidentemente, però, non bastava. La replica del Comune di Foggia - che non si è scusato e anzi ha rilanciato - e la delibera di Giunta ‘libera tutti’ fa tornare alla mente il sonetto romanesco “Li soprani der monno vecchio” di Giuseppe Gioacchino Belli. “Io so io, e vvoi non zete un cazzo”. Pare di risentirlo, Alberto Sordi, che ne "Il marchese del grillo" diede lustro al sonetto citandone il verso più colorito. Al netto della retorica sull’importanza dei giovani e della laurea, il succo del messaggio che proviene dal Comune di Foggia è tutto qui: un misto di arroganza e tracotante espressione di potere. Il sindaco - ha riportato la nota - ha “ben ritenuto di autorizzare la seduta di laurea” e “lo spazio è stato concesso con entusiasmo”. Detrattori e denigratori sono invece coloro che richiamano niente po’ po’ di meno che il rispetto delle regole.

L’AUTORIZZAZIONE. Perché, in fin dei conti, è di questo che si parla. Di un atto, emesso col beneplacito del primo cittadino, a favore di un suo amico, che si fa beffe delle normative in vigore anticontagio e plasma a uso e consumo proprio la possibilità di usufruire degli spazi teatrali come “servizi a domanda individuale”. Per quanto riguarda il primo aspetto, all’epoca del ‘fattaccio’ e ancora oggi sono vietate feste in luoghi chiusi e aperti; sospesi convegni, congressi e altri eventi; alle cerimonie pubbliche non possono partecipare esterni. La Sala Fedora, poi, è (era) espressamente utilizzabile per la celebrazione di matrimoni civili, per servizi fotografici e per convegni e congressi. Si capisce bene, dunque, che il rinfresco con bottiglie e confettate al seguito non sono contemplate.

PUNTI DA CHIARIRE. L’episodio resta insomma grave nonostante il fatto che, dopo una prima ondata di indignazioni sulla vicenda, complici le festività natalizie, si sia alzata una cortina di fumo e di silenzio. Non che le opposizioni, tranne qualche rara eccezione, si siano stracciate le vesti. L’abuso, insomma, è stato derubricato a ‘marachella’. Spetterà alla magistratura, se lo riterrà opportuno, valutare se la fattispecie possa integrare il reato dell’abuso d’ufficio, intanto però non dovrebbe traccheggiarsi su un eccesso di potere così prepotentemente ostentato. Foggia Città Aperta, da parte sua, non si è fermata ed ha già fatto esplicita richiesta di accesso agli atti. Sono tanti i particolari da chiarire: chi materialmente ha autorizzato la concessione? È stato fatto il pagamento di quanto dovuto? La sanificazione a spese di chi è stata effettuata? Perché è stato permesso di portare con sè il rinfresco?.

LA DELIBERA EX POST. Franco Landella, colto con le mani nella marmellata, come detto, non si è scusato ed ha rilanciato, cercando di trasformarsi nel buon padre di famiglia che corre incontro a tutti i laureandi. L’intera Giunta, all’unanimità, gli ha dato corda, approvando in tutta fretta - ma ex post - una delibera che vuole consentire l’utilizzo della Sala Fedora per le - future - sedute di laurea. L’atto riparatore, dunque, riparatore non è e, se possibile, rende ancora più insidiosa la vicenda, rappresentando una tipica espressione dell’excusatio non petita, accusatio manifesta. Nel tentativo di accomodare l’eccesso di potere di cui sopra, il sindaco, come nella corsa di un treno impazzito, pur di difendersi, attacca e giunge a firmare un atto quanto meno anacronistico se non pericoloso. Invoglia i giovani foggiani a creare miniassembramenti in un periodo in cui il coronavirus non dà tregua.

FERMARE IL TRENO. È vero, infatti, che qualche Comune ha concesso la sala consiliare per le sedute di laurea ma tutto questo è avvenuto a giugno e luglio, in mesi in cui a livello nazionale le norme erano sicuramente più permissive. Non è un caso che più di recente ipotesi di questo genere sono state bocciate, come è avvenuto in Consiglio Comunale a Cremona pochi giorni fa. Il Dpcm 3 dicembre 2020, tuttora in vigore, limita fortemente gli spostamenti e non è il caso di scherzare. Per ora, non è dato comprendere la portata del provvedimento. La delibera di Giunta è un atto di indirizzo ma intanto dà già mandato agli uffici di adoperarsi per la sua attuazione. A patto che non si aggiunga forzatura ad altra forzatura, il testo dovrebbe essere valutato dal Consiglio Comunale dove si potrà sperare in una presa di coscienza da parte dei consiglieri tutti, di maggioranza e opposizione. Se così non fosse, però, siamo sicuri che a mostrare responsabilità e non i muscoli saranno i giovani foggiani. Servirà non seguire l’esempio dell’artista ed evitare richieste senza senso. Fermate la corsa di questo treno.

di Michele Gramazio


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