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Centro-sinistra, perso un elettore al giorno

"Niente caccia alle streghe" dice il segretario provinciale del Pd, Piemontese. E agli stregoni?

Trecentosessantasei voti. Trecentosessantasei elettori. Trecentosessantasei persone. È l'amaro conto che deve pagare il Pd e l'intero centro-sinistra di Capitanata, in modo particolare quello della città di Foggia. Il divario tra Franco Landella e Augusto Marasco infatti, misura poco più di un elettore al giorno (pochissimo di più), guadagnato dal nuovo sindaco foggiano e perso dal primo partito d'Italia.
 
QUALCHE DECIMALE DI PUNTO?. Un'idea di analisi che forse è meno casuale di quello che sembra, nonostante le parole di (auto)incoraggiamento dello stesso segretario provinciale del partito di Renzi, Raffaele Piemontese, convinto – nella sua nota post ballottaggio – che il centro-sinistra abbia perso “per qualche decimale di punto” (in realtà, primo turno alla mano, il divario tra il Pd nazionale e il Pd foggiano è di -10%: un dato che già così, merita ben altra analisi). Una riflessione lucida e amara al contempo che però, almeno in queste prime battute, fornisce poche risposte tanto agli elettori di centro-sinistra che domenica scorsa non hanno disertato le urne, quanto a quei simpatizzanti che invece, volutamente, non ce l'hanno fatta a riconoscersi in Augusto Marasco. E qui, forse, il vero nodo della questione. 
 
L'ARCHITETTO DOVEVA ANDARE AL MERCATO. Il Presidente dell'Ordine degli Architetti infatti, è sembrato a molti l'antitesi dell'uomo del popolo, incarnato a propria volta – per quanto nella parte avversa – dal candidato sindaco espresso dal centro-destra. Ora, se è vero che colmare un gap di questo tipo nel giro di pochi mesi è impresa quasi impossibile (soprattutto con un avversario che, effettivamente, da quasi vent'anni vive tra la gente e in costante campagna elettorale), altrettanto vero è che non è stato fatto nemmeno un tentativo in questo senso, provando a far “scendere” l'architetto tra le persone comuni. Inaugurare e presiedere i comitati elettorali durante la campagna non è come andare in giro nei negozi, al mercato, tra “i veri foggiani”, rischiando anche di rimetterci qualche improperio ma, appunto, rischiando. 
 
TROPPO CENTRO, POCA SINISTRA. Da un lato Landella si smarcava dai confronti pubblici (scelta discutibile ma difficile da opinare) preferendo l'uno-contro-uno con l'elettore della strada, dall'altro lato Marasco chiedeva confronti e non lesinava incontri mediaticamente importanti, salvo poi preferire cene elettorali in location d'élite poco alla portata per la maggioranza dei foggiani – si passi l'esempio limite e forse un po' retorico, ma uno scenario del genere appare troppo lontano con quello di un operaio della Fiat di Melfi che alle 4.50 ha la sveglia puntata e mezzora dopo il pullman diretto da Viale Michelangelo. Segnali, insomma. Sfilacciamenti con la cosiddetta base, i quali hanno finito per creare una distanza incolmabile all'interno del popolo di centro-sinistra, strattonando quest'ultima verso l'astensionismo e la mancata rappresentanza – non ce ne vogliano i pentastellati foggiani, ma molte schede nulle non sono le loro (LEGGI). Un rischio che doveva essere contemplato, soprattutto con un candidato che, inutile negarlo, con la sinistra non ha mai avuto molto a che fare.
 
IL CONFRONTO IN TV. Lo stesso confronto televisivo registrato nell'Aula Consiliare, ormai famoso e non certo per la freschezza dei disputanti, è parsa un'occasione persa soprattutto per il centro-sinistra. L'indubbia facilità dialettica di Marasco ai danni di Landella, sarebbe dovuta essere corroborata da argomentazioni, fatti e proposte precise, dettagliate, puntuali. Il candidato di centro-sinistra invece ha indugiato a lungo sugli errori dell'avversario, li ha rimarcati e, alla fine, si è lasciato prendere la mano, incentrando la sua linea di proposta unicamente sull'inadeguatezza dell'altro candidato. Troppo poco. Soprattutto se a suggerire questa soluzione è una personalità che ha fatto parte (anche se per poco più di due anni) di un decennio di governo considerato a propria volta, e quasi unanimemente, inadeguato e insufficiente. Un atteggiamento ambiguo confermato dalle parole del sindaco uscente Mongelli (VIDEO), convinto che Marasco e i suoi sostenitori abbiano solo tentato di “tagliare” col passato, senza salvare nulla: un atteggiamento poco credibile, insomma, che non ha rispettato l'autonoma capacità di analisi degli elettori. 
 
LE ALLEANZE TIEMPIDE E GLI STREGONI DI TROPPO. “Abbiamo condotto la campagna elettorale puntando sulla leggibilità del programma e la chiarezza degli accordi politici; abbiamo promosso il rinnovamento della lista ed abbiamo cercato di valorizzarlo attraverso l’intesa politica stretta con Leo Di Gioia e la gran parte delle sue liste civiche”. Ed è ancora il segretario Raffaele Piemontese a fornire l'assist per la critica finale, sempre con la sua nota. Accordi politici chiari e intesa con l'alleato: due espressioni differenti per dire uno stesso sinonimo d'inefficacia. Alzi la mano, infatti, chi ritiene che “il caso Lonigro” (LEGGI) sia stato un esempio di chiarezza di intenti e, al contempo, chi ha avvertito nella decisione di schierarsi con Marasco da parte di Leo Di Gioia una sensazione di pieno convincimento da parte di quest'ultimo (LEGGI). Sul rinnovamento delle liste infine, nonostante qualche tentativo non andato a buon termine (anche perché poco sostenuto dal partito), bastano due dei tre nomi eletti in Consiglio: Sergio Clemente e Pasquale Russo. Due che, si conceda, col rinnovamento non hanno molto a che vedere. E se riflessione dev'esserci, insomma, in seno al centro-sinistra, che parta da più lontano, evitando qualsiasi “caccia alle streghe”, come ha detto bene Piemontese, ma magari provando a mettere via, una volta per tutte, qualche stregone di troppo.
Trecentosessantasei voti. Trecentosessantasei elettori. Trecentosessantasei persone. È l'amaro conto che deve pagare il Pd e l'intero centro-sinistra di Capitanata, in modo particolare quello della città di Foggia. Il divario tra Franco Landella e Augusto Marasco infatti, misura poco più di un elettore al giorno (pochissimo di più), guadagnato dal nuovo sindaco foggiano e perso dal primo partito d'Italia.
QUALCHE DECIMALE DI PUNTO?. Un'idea di analisi che forse è meno casuale di quello che sembra, nonostante le parole di (auto)incoraggiamento dello stesso segretario provinciale del partito di Renzi, Raffaele Piemontese, convinto – nella sua nota post ballottaggio – che il centro-sinistra abbia perso “per qualche decimale di punto” (in realtà, primo turno alla mano, il divario tra il Pd nazionale e il Pd foggiano è di -10%: un dato che già così, merita ben altra analisi). Una riflessione lucida e amara al contempo che però, almeno in queste prime battute, fornisce poche risposte tanto agli elettori di centro-sinistra che domenica scorsa non hanno disertato le urne, quanto a quei simpatizzanti che invece, volutamente, non ce l'hanno fatta a riconoscersi in Augusto Marasco. E qui, forse, il vero nodo della questione. 
L'ARCHITETTO DOVEVA ANDARE AL MERCATO. Il Presidente dell'Ordine degli Architetti infatti, è sembrato a molti l'antitesi dell'uomo del popolo, incarnato a propria volta – per quanto nella parte avversa – dal candidato sindaco espresso dal centro-destra. Ora, se è vero che colmare un gap di questo tipo nel giro di pochi mesi è impresa quasi impossibile (soprattutto con un avversario che, effettivamente, da quasi vent'anni vive tra la gente e in costante campagna elettorale), altrettanto vero è che non è stato fatto nemmeno il tentativo, provando a far “scendere” l'architetto tra le persone comuni. Inaugurare e presiedere i comitati elettorali durante la campagna non è come andare in piazza, nelle periferie, nei negozi, al mercato, tra “i veri foggiani”, rischiando anche di rimetterci qualche improperio ma, appunto, rischiando. 
TROPPO CENTRO, POCA SINISTRA. Da un lato Landella si smarcava dai confronti pubblici (scelta discutibile e poco trasparente) preferendo l'uno-contro-uno con l'elettore della strada, dall'altro lato Marasco chiedeva confronti e non lesinava incontri mediaticamente importanti, salvo poi preferire cene elettorali in location d'élite poco alla portata per la maggioranza dei foggiani – si passi l'esempio limite e forse un po' retorico, ma uno scenario del genere appare troppo lontano con quello di un operaio della Fiat di Melfi che alle 4.50 ha la sveglia puntata e mezzora dopo il pullman diretto da Viale Michelangelo. Segnali, insomma. Sfilacciamenti con la cosiddetta base, i quali hanno finito per creare una distanza incolmabile all'interno del popolo di centro-sinistra, strattonando quest'ultima verso l'astensionismo e la mancata rappresentanza – non ce ne vogliano i pentastellati foggiani, ma molte schede nulle non sono le loro (LEGGI). Un rischio che doveva essere contemplato, soprattutto con un candidato che, inutile negarlo, con la sinistra non ha mai avuto molto a che fare.
IL CONFRONTO IN TV. Lo stesso confronto televisivo registrato nell'Aula Consiliare, ormai famoso e non certo per la freschezza dei disputanti, è parsa un'occasione persa soprattutto per il centro-sinistra. L'indubbia facilità dialettica di Marasco ai danni di Landella, sarebbe dovuta essere corroborata da argomentazioni, fatti e proposte precise, dettagliate, puntuali. Il candidato di centro-sinistra invece ha indugiato a lungo sugli errori dell'avversario, li ha rimarcati e, alla fine, si è lasciato prendere la mano, incentrando la sua linea di proposta unicamente sull'inadeguatezza dell'altro candidato. Troppo poco. Soprattutto se a suggerire questa soluzione è una personalità che ha fatto parte (anche se per poco più di due anni) di un decennio di governo considerato a propria volta, e quasi unanimemente, inadeguato e insufficiente. Un comportamento ambiguo confermato dalle parole del sindaco uscente Mongelli (VIDEO), convinto che Marasco e i suoi sostenitori abbiano solo tentato di “tagliare” col passato, senza salvare nulla: un atteggiamento poco credibile, insomma, che non ha rispettato l'autonoma capacità di analisi degli elettori. 
LE ALLEANZE TIEPIDE E GLI STREGONI. “Abbiamo condotto la campagna elettorale puntando sulla leggibilità del programma e la chiarezza degli accordi politici; abbiamo promosso il rinnovamento della lista ed abbiamo cercato di valorizzarlo attraverso l’intesa politica stretta con Leo Di Gioia e la gran parte delle sue liste civiche”. Ed è ancora il segretario Raffaele Piemontese a fornire l'assist per la critica finale, sempre con la sua nota. Accordi politici chiari e intesa con l'alleato: due espressioni differenti per dire uno stesso sinonimo d'inefficacia. Alzi la mano, infatti, chi ritiene che “il caso Lonigro” (LEGGI) sia stato un esempio di chiarezza di intenti e, al contempo, chi ha avvertito nella decisione di schierarsi con Marasco da parte di Leo Di Gioia una sensazione di pieno convincimento da parte di quest'ultimo (LEGGI). Sul rinnovamento delle liste infine, nonostante qualche tentativo non andato a buon termine (anche perché poco sostenuto dal partito), bastano due dei tre nomi eletti in Consiglio: Sergio Clemente e Pasquale Russo. Due che, si conceda, col rinnovamento non hanno molto a che vedere. E se riflessione dev'esserci, insomma, in seno al centro-sinistra, che parta da più lontano, evitando qualsiasi “caccia alle streghe”, come ha detto bene Piemontese, ma magari provando anche a mettere in discussione qualche stregone.

di Redazione 


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