Quattro voci urlanti, aggressive, a tratti quasi indemoniate. E quei volti che ti guardano, fissano e sembrano penetrarti. A far paura al pubblico, però, non sono loro: né quelle urla e neppure quei volti. A far sentire nudo lo spettatore, è una domanda, semplice, sibillina, quasi silenziosa: “Chi di noi non ha sentito il desiderio di accasciarsi per strada, come una marionetta, gambe larghe sull'asfalto, testa reclinata sul guanciale di un muro?”.
UN CUORE DI CANE. Fermarsi, dare un nuovo valore al tempo, riappropriandosene. Facile a dirsi, meno a farsi. E allora c’è bisogno di aggredire. Emozionare e aggredire. È quello che fanno le quattro protagoniste di “Cuore di cane” lo spettacolo tutto al femminile proposto dalla Compagnia impertinente di Foggia (regia di Pierluigi Bevilacqua, liberamente ispirato all'opera di Margaret Mazzantini), al debutto della stagione, condita dalla collaborazione con Telethon. Quattro donne (Annalaura Colia, Annalisa Formiglia, Carmela Longo e Viviana Soldani) e un cane, Zorro, che diventa l’eroe di questa rinascita al contrario. Sul palco, un tappeto di giornali e quei quattro volti, capaci di mantenere la propria bellezza nonostante siano ormai trascurati.
POSSEDERE E VIVERE. Clochard, barboni, nomadi. Il mondo le etichetta così. E loro quel marchio se lo strappano di dosso, rimandandolo al mittente. Sulla lettera che scrivono, però, non si rivolgono a nessun “signor”. Il destinatario appartiene alla specie dei cormorani. Una battaglia tra stili e concezioni di vita. Perché vivere può significare “avere”: un lavoro, una casa di proprietà, una famiglia. Vivere può significare anche “possedere”: un orologio da polso, degli occhiali firmati, delle scarpe nuove. Ma vivere può anche significare semplicemente “essere”. E questa è la vita di Zorro. La strada, il camminare liberi, il guardare in faccia la gente.
FEELING TEATRO E MUSICA. E il pubblico guarda in faccia questa vita. Si aliena e per un’oretta si sente meno cormorano. La scelta indovinata e puntuale della musica che accompagna le scene, lo sospinge in mezzo a quei fogli di giornale, a immaginarsi lì, accasciato per strada, come marionetta, gambe larghe sull'asfalto, testa reclinata sul guanciale di un muro. Perché chi non ha mai sentito il desiderio di farlo?
foto Luc Manfredonia
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