Negozi chiusi, la proposta dei commercianti in rivolta: "Fateci aprire almeno su appuntamento"
Sono chiusi. Esclusi dal DPCM del 2 marzo. E protestano. Una piccola rappresentanza di categorie che si occupano di commercio al dettaglio di articoli di gioielleria, calzature, abbigliamento uomo/donna, nonché dei parrucchieri e dei gestori di centri estetici, si è consorziats. E attraverso una nota - firmata dai coordinatori del gruppo - Sebastiano Francesco Paolo - Palau Srl; Lucia Tucci - Tucci Sas scarpe; Istituto il Cigno di Loretta Ricotta; Tessy Acconciature di Amorico Teresa -, afferma di aver appreso con grande dispiacere che "solo le nostre 5 categorie, su 36, sono state escluse dall'apertura perché ritenute attività con maggiore possibilità di contagio a causa degli assembramenti e inoltre non utili alla persona e, di conseguenza, sospese dal DPCM del 2 marzo scorso".
LE CHIUSURE. "Dispiace constatare - sottolineano nel comunicato - che in molte delle attività lasciate aperte, è più probabile che si verifichino assembramenti pericolosi, come ad esempio nei supermercati e nei mercati rionali, di quanto potrebbe accadere nelle attività commerciali costrette a chiudere. Non solo - continuano i promotori della protesta - sono state risparmiate dalla chiusura attività che, a nostro avviso non sono necessarie in tempo di lockdown come fotografi, fiorai, studi commerciali, etc...".
IL DISAGIO. E' questo il motivo per cui i rappresentanti delle attività commerciali chiuse hanno deciso di intraprendere una azione di protesta per evidenziare come il Ministero della Salute "si sia reso complice del forte disagio che stanno vivendo specie a causa dell'arcinoto allegato 23 del DPCM che, consentendo a numerosi esercizi commerciali di restare aperti, finisce per favorire una indiscriminata circolazione di tante persone che, incuranti del forte pericolo, continuano ad affollare le strade e le piazze di Foggia e della sua provincia. Questa purtroppo - scrivono i rappresentanti dei commercianti costretti a chiudere - è la realtà che viviamo in 'zona rossa', in cui tanta gente si accalca per fare acquisti e noi, commercianti esclusi, siamo costretti a tenere le serrande abbassate, pur avendo investito nel maggio 2020 notevoli somme per dotare i nostri negozi di tutti gli accorgimenti richiesti dalle norme di sicurezza".
APERTURE SU APPUNTAMENTO. Infine una proposta per migliorare la situazione: "Una soluzione potrebbe essere quella di accogliere i nostri clienti su appuntamento, consentendoci di 'tirare avanti' ed evitare di far ricorso ai ristori. Questa soluzione ci aiuterebbe tantissimo garantendoci, dopo il 7 aprile, anche nel caso in cui la Puglia dovesse continuare ad essere dichiarata 'zona rossa', di continuare a lavorare e a vivere con dignità".
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