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Contro mafia ed illegalità l'amore per Foggia. Il testamento spirituale di Francesco Marcone

Anche don Ciotti alla 'Giornata della legalità'

‘Eroi borghesi’, vittime dell’onestà con cui svolgevano il proprio lavoro. Così furono definiti Giorgio Ambrosoli e Francesco Marcone. Il primo ucciso nel 1979 da un sicario, il secondo colpito alle spalle con due colpi di pistola il 31 marzo 1995. Per questo, anche oggi la città di Foggia si ferma per ricordare, per riflettere. Due uomini, due padri, uccisi perché svolgevano fin troppo bene il loro mestiere. E Francesco Marcone, Direttore dell'Ufficio del Registro di Foggia, ancora oggi è una vittima senza giustizia. Una delle tantissime vittime di mafia di cui, a quasi vent'anni di distanza, sono ancora ignoti i nomi dei mandanti e degli esecutori materiali.

DI PADRE IN FIGLIO E don Luigi Ciotti, presidente e fondatore dell’associazione Libera, ancora una volta rilancia la questione della giustizia e della verità. Perché non “c’è giustizia senza verità, e Marcone fa parte di quel 70% di vittime della mafia di cui si ignorano ancora i nomi dei mandati e degli assassini”. Ed allora, ancora una volta è tornato a Foggia. E con lui, era presente Umberto Ambrosoli, figlio di Giorgio, seduto a pochi metri da Daniela, figlia di Francesco Marcone. Il tema padre-figli che si rincorre, quasi come una staffetta, come un passaggio di consegne per continuare a sperare nella legalità, nella verità. E ad ascoltare le loro voci, le loro storie, ci sono oltre un centinaio di ragazzi delle scuole superiori. Sono arrivati accompagnanti dai loro insegnanti, da diversi istituti: Einaudi, Lanza, Masi, Poerio, Marconi, Pascal, Notarangelo, Altamura-Da Vinci. Hanno occupato le sedie dell'Aula Magna del Dipartimento di Economia dell'Università di Foggia.

AMIAMO LA NOSTRA CITTA’ Per alcuni degli studenti è stata la prima partecipazione alla 'Giornata cittadina della legalità in ricordo di Francesco Marcone e di tutte le vittime di Capitanata'. “Una Giornata – puntualizza Daniela Marcone, referente provinciale di Libera – voluta da questo sindaco, da Gianni Mongelli. Lo ricordo perché in questi anni il percorso di Libera in questo città non è stato facile, ma Mongelli ci ha spianato la strada e questo gli va riconosciuto”. Poi, Daniela si sofferma sul legame tra lei ed Umberto. La vita non certo facile dei figli delle vittime di mafie. “Spesso leggo sui social network o sento dire che a Foggia si vive male, che Foggia è brutta. Mio padre ed il padre di Dino (il figlio di Giuseppe Panunzio, anche egli ucciso dalla criminalità organizzata) amavano molto la loro città, e lo hanno dimostrato anche con il lavoro. Dobbiamo pensare – ha aggiunto – che siano i padri di tutti quanti noi, e noi dobbiamo sentirci loro figli. E dobbiamo sentirci parte di questa città. Fare il nostro lavoro, dare il nostro contributo per non lamentarci più della nostra città. Dire che è brutta, che non c’è niente. Il migliorare la città dipende da tutti noi. Dai cittadini, da chi ci amministra, dallo Stato. Mio padre – ha concluso Daniela – ripeteva sempre a me e a mio fratello Paolo che lo ‘Stato siamo noi’, che ognuno è chiamato a fare la sua parte”.

TUTTI CORRESPONSABILI Don Ciotti, invece, a quasi vent’anni dall’omicidio di Francesco Marcone, ha ribadito che non è tornato a Foggia per “urlare, ma per fare. Per continuare un percorso costruito in questi anni da Libera. Dobbiamo, però, essere ben consapevoli che il percorso è in salita e che nessuno deve sentirsi escluso. Ognuno di noi deve sentirsi corresponsabile di quello che viene fatto, di quello che succede”. In mattinata, prima dell’incontro con gli studenti, il sindaco Gianni Mongelli, ha deposto una corona di fiori davanti al monumento che il Comune di Foggia ha dedicato a Francesco Marcone e a tutte le vittime delle mafie.

di Redazione 


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