Daniela La Bella, in corsia contro il Covid-19: “Anche a Foggia pazienti giovani in terapia intensiva. La paura c'è ma ai medici serve per non fare errori”
“Non è vero che a stare male per il Covid-19 siano solo anziani. Anche i giovani si ammalano, e stanno male, e purtroppo qualcuno di loro non ce la fa. La paura c'è, inutile negarlo, ma basta non trasformarla in angoscia e dosarla. In questo modo serve a tenere sempre alta la concentrazione e a non fare errori in servizio”.
LA CHIACCHIERATA. Daniela La Bella è una giovane anestesista, dirigente medico in servizio presso gli Ospedali Riuniti di Foggia. Il coronavirus lo affronta ogni giorno in corsia, senza distinzioni tra giorni feriali e domeniche. È stato così anche nella giornata di Pasqua. Originaria di Troia, sin da quando è iniziata l'emergenza fa parte stabilmente dell'equipe del reparto terapia intensiva Covid-19 del nosocomio foggiano. Al termine del suo turno, ha accettato di fare il punto della situazione in una chiacchierata con Foggia Città Aperta durante la quale lancia due messaggi solo apparentemente contrastanti: da un lato quello di non sottovalutare la gravità dell'epidemia in corso, dall'altro quello di non lasciarsi sopraffare dalla disperazione conservando spazio alla speranza.
IL VIRUS. “L'epidemia è veramente temibile – esordisce Daniela - dobbiamo fare tutti la nostra parte. La cosa tremenda di questo virus è che provoca fino a cinque quadri clinici differenti e, per il momento, non se ne conosce il motivo. Alcuni pazienti rispondono ad alcune terapie, altri no. Qualche volta chi è intubato migliora, ne siamo felici naturalmente ma non comprendendo fino in fondo le ragioni, non siamo sicuri di poter replicare con successo la cura ad altri. Le terapie sono insomma tentate e, durante il servizio, cerchiamo di impiegare ogni minuto per provare ogni via possibile”.
I GIOVANI. Un virus che non fa distinzione di età, sesso e condizioni di salute: “Anche a Foggia ci sono stati diversi casi di pazienti giovani” racconta l'anestesista foggiana. “Il più giovane è stato un ragazzo 27enne che fortunatamente è guarito. Una ragazza di 29 anni sanseverese è stata molto male anche in assenza di altre patologie particolari. Una grossa fetta di pazienti ha un'età neanche tanto avanzata tra i 50 e i 60 anni. Qualche giorno fa abbiamo dovuto trasferire a Bari un 38enne e poi c'è il caso della giovane mamma con il bimbo di 2 mesi, anche se mi sembra importante precisare che per il neonato non si è trattato di coronavirus”.
I TURNI. L'equipe è formata da 15 persone, rafforzata da specializzandi del quarto e quinto anno contrattualizzati per l'occasione: “In questo modo riusciamo a lavorare in coppia, l'aiuto è molto importante” rivela. Le ore di lavoro sono infatti diventate massacranti, senza un attimo di tregua: “La direttrice Gilda Cinnella ha organizzato bene il lavoro” continua Daniela. “Sotto questo aspetto non possiamo lamentarci. Dopo il turno di notte, ci è concesso il riposo così da riuscire a recuperare le energie perdute. Durante il servizio, però, i ritmi sono serrati e non possiamo concederci un attimo di pausa. La fatica è soprattutto psicologica”. I posti in terapia intensiva del Riuniti sono ormai più che raddoppiati. Quelli ordinari erano 15: nei primi giorni di emergenza, 9 di essi sono stati dedicati a pazienti Covid. A questi si sono aggiunti 7 posti ricavati nella sala operatoria della chirurgia toracica già predisposta per la chirurgia vascolare e quindi più semplice da convertire. Stesso discorso per altri 6 posti ricavati nel centro trapianti di rene. In arrivo, poi, altri 12 posti. “Fortunatamente il numero dei ricoveri in terapia intensiva è diminuito. Se un paio di settimane fa superava i 20 attualmente i ricoverati sono solo 9. Nel reparto, le aree a più alto rischio sono naturalmente quelle a stretto contatto coi pazienti” spiega l'anestesista. “Lì, trascorriamo circa 3 ore del nostro servizio. Ovviamente prima di entrare indossiamo tutti i dispositivi protettivi e con l'esterno il dialogo è esclusivamente telefonico”.
LA PAURA. Già, il contatto coi pazienti. “La paura c'è – ammette Daniela La Bella - perchè i numeri dei contagi tra i sanitari preoccupano. Il trucco però è non trasformarla in angoscia. Provo a spiegarmi: la paura è positiva perchè aiuta a farti restare sempre concentrata e a tenere lo stato di allerta alto. Solo in questo modo, in una situazione di forte stress, riesci a non fare errori e in primo luogo a non contaminarti, per esempio eseguendo bene le procedure di vestizione. Lasciando spazio all'angoscia, invece, si potrebbe cadere in contraccolpi psicologici. Spogliarsi in maniera convulsa, per esempio, magari per stanchezza è un grosso errore”. Un aspetto, quello psicologico, che resta molto delicato: “Anche per noi medici tocca fare i conti con il confine tra la vita e la morte. L'aspetto tragico di questa epidemia è che i parenti perdono totalmente i contatti con i propri cari. Siamo in pratica noi il mezzo attraverso il quale possono comunicare. E per chi non ce la fa, sono i nostri occhi l'ultimo contatto con la vita” confida Daniela non nascondendo la sua commozione.
LA VITA OLTRE. Per i medici anche il timore del mondo esterno, in altre parole il pericolo di diventare portatori di contagio: “Molti colleghi hanno deciso di vivere in quarantena anche con le loro famiglie, autoisolandosi in casa”. Daniela, invece, da un certo punto di vista, è stata facilitata. Anche il marito, infatti, è medico in terapia intensiva, impossibile quindi non dedicarsi alle figlie: “Torno a casa e, lo dico forte, mi risollevo giocando e chiacchierando con le mie bimbe. Rispetto i miei colleghi che hanno fatto la scelta di autoisolarsi ma io non so se ce l'avrei fatta senza il loro affetto. Ad ogni modo, in casa essendo entrambi medici in un modo o nell'altro qualcuno doveva occuparsi dei figli”. Un ritorno alla normalità che dà ristoro e sostegno per continuare a combattere il coronavirus: “Serve a reggere i ritmi. Stamattina all'alba, prima del turno, ho preparato le uova sode e la colazione naturalmente l'ho fatta con la pizza di ricotta”.
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