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Chiusura palestre, l'amarezza di gestori e istruttori: "Metterci in regola? Lo abbiamo già fatto ma non è servito a nulla..."

Intervista ad Antonio De Michele, istruttore di Acido Lattico

Il nuovo Dpcm emanato domenica scorsa dal Governo ha decretato tra i vari provvedimenti la sospensione delle attività di palestre e piscine. Solo una settimana prima, il 18 ottobre, il Premier Conte aveva concesso una deroga per dare tempo alle strutture interessate di mettersi in regola, ma ciò non è bastato e la paventata chiusura delle palestre è diventata realtà. “Questa chiusura non ha senso, abbiamo investito denaro per operare in sicurezza e veniamo ripagati con un nuovo stop”, è quanto dichiara Antonio De Michele, istruttore della palestra Acido Lattico di Foggia, secondo il quale i 50 milioni di euro del Decreto Ristori non basteranno a salvaguardare un settore che sta subendo pesanti limitazioni con il rischio di chiudere definitivamente. Dopo mesi di inattività dovuti all’emergenza sanitaria in corso, tra sforzi e sacrifici, le strutture sportive di tutta Italia stavano ripartendo, la diffidenza iniziale degli amanti del fitness aveva lasciato posto alla speranza che, adottando il buon senso ed il rispetto delle norme anti-covid, si potesse davvero tornare a una discreta normalità. Questo sentimento animava anche i gestori di Acido Lattico prima che un nuovo alt si abbattesse sull’intero sistema. Ce ne parla Antonio De Michele, istruttore della palestra, al quale abbiamo rivolto delle domande su come hanno affrontato l’emergenza e sulle prospettive future.
Come vi state organizzando rispetto alle nuove direttive dell’ultimo Dpcm in merito alla chiusura delle palestre?
Non ci stiamo organizzando in realtà, tutte le misure di sicurezza le abbiamo adottate nel momento in cui abbiamo chiuso la prima volta, a marzo. Per noi da allora ad oggi non è cambiato nulla, se non l’incertezza di sapere se riusciremo a tornare in attività.
Il Presidente Conte, per capire se c’erano davvero le condizioni per poter lasciare aperte le strutture sportive ha invitato gestori e operatori ad adeguarsi alle nuove norme. Come vi eravate messi ‘in regola’ durante la settimana di deroga?
La nostra struttura non è di grandissime dimensioni e quindi anche in termini di clienti il numero non è altissimo, tuttavia abbiamo dovuto riprogrammare le attività offerte e in corso di svolgimento per garantire la massima sicurezza agli iscritti e a noi stessi. Abbiamo pressato sul rispetto degli orari e dei tempi di allenamento in sala attrezzi, ma abbiamo dovuto diminuire la presenza di corsisti e frequentatori. 
Come avete affrontato il primo post lockdown?
Per evitare assembramenti abbiamo reso obbligatoria la prenotazione di ogni attività attraverso un’applicazione per poter gestire tutti gli ingressi, in modo tale che ad ogni ora entrasse un numero definito di persone. Gli attrezzi in sala li abbiamo distanziati e alcuni che non servivano li abbiamo eliminati per ricavare ancora più spazio. Per la sicurezza nostra e dei nostri tesserati tutti gli ambienti venivano sanificati e vigilavamo affinché anche i nostri clienti adottassero le dovute cautele. 
Dopo l’applicazione delle nuove disposizioni qual è stato l’impatto da parte dei vostri clienti?
All’inizio è stata dura, anche perché chi frequenta la nostra palestra da anni era abituato a non avere vincoli di orario per venire ad allenarsi, la nostra flessibilità portava a volte ad avere in orari di punta troppa gente da gestire. Gli sforzi e i sacrifici fatti per ripartire in sicurezza si sono tradotti anche in un controllo attento sulle regole da seguire per la tutela di tutti. Devo dire però che c’è stata molta collaborazione e avevamo trovato, se vogliamo, anche il lato positivo degli ingressi contingentati: il nostro lavoro era organizzato bene, la pecca è che non abbiamo potuto accogliere tutti.
Molti istruttori si sono organizzati svolgendo corsi e attività online. Cosa ne pensate, credete in questa metodologia?
Non giudico chi lo fa, io tendo ad evitarlo perché con l’allenamento online non hai la possibilità di correggere in modo diretto chi fa l’esercizio e che potrebbe anche farsi male, a meno che non si tratti di persone già allenate e che sanno fare determinati esercizi.
Il Ministro per le Politiche Giovanili e lo Sport, Vincenzo Spadafora, ha fatto sapere che il Decreto Ristori è stato approvato e che verranno erogati entro novembre 50 milioni di fondo perduto per ASD e SSD, oltre alle indennità di 800 euro ai lavoratori sportivi. Cosa ne pensate?
Gli incentivi che hanno dato dopo il primo lockdown ci hanno permesso di riaprire, con le misure economiche del decreto Cura Italia e il bonus affitti abbiamo coperto in parte le spese, il problema si pone ora con la seconda chiusura. I 50 milioni di euro non basteranno per salvaguardare tutte le palestre presenti sul territorio italiano. Riusciremo, forse, a recuperare i debiti che nel frattempo abbiamo contratto con i proprietari dei locali, riusciremo a pagare le utenze, ma per ripartire servirebbe maggiore liquidità, fermo restando che trovo paradossale l’erogazione di denaro per la seconda volta per attività che, sì, erano e sono in difficoltà, ma che se non avessero avuto un nuovo blocco potevano produrre e rialzarsi. Mi domando se non è meglio stanziare quei fondi per costruire ospedali di cui c’è bisogno, anziché farci chiudere per poi ‘aiutarci’.
Cosa vi aspettate alla fine di novembre?
Il locale era più che sterile prima e lo sarà anche il 25 novembre prossimo. Io spero vivamente che potremo avere definitivamente il via libera, ma dubito che ci facciano riaprire. La diffusione del virus è data dal non controllo, non penso che palestre e piscine siano i luoghi in cui può esserci concentrazione di focolai, non si abbassano i contagi chiudendo i centri sportivi, perché la gente può fare assembramento altrove, dove come ho detto non c’è controllo.
E non credete che in alcuni centri sportivi e palestre sia mancato proprio questo controllo?
In ambito locale dal mio punto di vista doveva essere stabilita una commissione di vigilanza che controllasse la messa a norma di ogni attività e chiudere solo ed esclusivamente chi non era in regola, perché non è giusto che per uno paga un settore intero.

di Redazione 


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