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Fascismo e omofobia in scena al Fuori squadro: 'arrusi' siciliani, arresti e violenze

A Foggia lo spettacolo di Ruggiero Valentini

Tra le pagine rubate alla memoria ci sono queste. Bastava solo prestare un po' d'attenzione tra le carte storiche degli archivi di stato di Roma per scoprirle. Sono storie d'incomprensione, di reclusione forzata e d'affettività repressa e resa clandestina attraverso il pretesto della storia giusta, l'unica da restituire al futuro. Perché queste storie basta relegarle al confino, come successe durante il ventennio fascista, per annullarle dal volto della propria coscienza.
GLI ARRUSI E LE TREMITI. Sono le storie d'amore e di confine portate alla luce dall'attore Ruggiero Valentini al Fuori squadro, uno spettacolo basato sul testo di Tommaso Giartosio e Gianfranco Goretti, "La città e l'isola", e corredato da musiche dell'epoca per ricostruire il clima fascista ammantato di machismo, di linguaggi virulenti e vuoti rituali esteriori. Sono le storie degli arrusi, gli omosessuali siciliani, restituiti nella loro verità attraverso l'uso disinvolto del dialetto siciliano – termini come arrusi e abbastarduna ricorrono e associano elementi della natura siciliana a determinati aspetti con cui vengono identificati gli omosessuali - e ritratti nelle loro abitudini e costumi durante il confino avvenuto alle isole Tremiti.
TRA FASCISMO E OMOFOBIA. Storie di sopraffazione e occultamento che l'attore ha profuso agli spettatori tra svariati travestimenti e portando il teatro dai circoli abituali, dopo la triste vicenda della chiusura dell'Oda teatro. “Perchè se è vero che questo spettacolo parla di omosessualità e di omofobia, è anche vero che sullo stesso piano vivono tutte le diversità, anche quella dell'artista, sempre borderline, in quest'epoca che così poco ama la cultura”. Si tratta del tentativo di incontrare la gente, rapendoli al torpore e manifestando la propria esigenza da artista attraverso il cosiddetto barbonaggio teatrale imposto dall'iniziativa di Ippolito Chiarello. Un'opera che continua ad essere veicolata anche nelle scuole medie e superiori allo scopo di sottrarre ciò che è entrato prepotentemente nell'immaginario collettivo dal fascismo “Tutti i termini ghettizzanti sull'omosessualità ci derivano dal fascismo, un linguaggio che riproduce fedelmente quel clima intriso machismo e boria e che va rivisto per capire quanto di quella cultura è ancora presente in quella contemporanea e negli stessa media”.
UNA STORIA SICILIANA. In scena la storia di Filippo e Salvatore a Catania e la ricostruzione di processi per omicidio, occasione per i fascisti per infierire attraverso gli strumenti a disposizione dei deboli: il dileggio pubblico e la violenza fisica e verbale. Si tratta di un confino, quello delle isole Tremiti che ha visto anche la presenza di ebrei e zingari, seppure quello nei confronti degli omosessuali sia stato ben più pervasivo e passato sotto una pesante coltre di silenzio “Il confino è un modo per non parlarne. Per annullarne l'esistenza. Perché ciò di cui non si parla, semplicemente non esiste. Si deve anche all'iniziativa dell'onorevole Grillini, portavoce dei diritti di ogni orientamento ritenuto diverso, il progetto di questo spettacolo e il voler portare alla ribalta questi documenti degli interrogatori avvenuti in carcere e in realtà sempre stati a disposizione. Così come si deve all'onorevole Scalfarotto l'esigenza di vederlo rappresentato anche in occasione della giornata contro l'omofobia avvenuta il 17 Maggio in Piazza Cesare Battisti”.

di Redazione 


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