ABUSO DI PROCESSO. “Ben conoscendo - scrive Furore - il rigore, lo stile, il rispetto di ruoli, prerogative ed istituzioni di Maria Aida Episcopo, non avevo alcun dubbio sull’esito del ricorso in cui Giuseppe Mainiero l’ha trascinata, non appena si è insediata come sindaca della nostra città. Ma i magistrati della prima sezione civile del Tribunale di Foggia, nelle 19 pagine dell’ordinanza di rigetto, sono andati ben oltre quello che ci saremmo aspettati: hanno parlato di 'abuso del processo'; di un’azione
intrapresa con 'motivi privi di reale fondamento, e ciò pur nella consapevolezza che il neoeletto Sindaco è
non solo impegnato nell’amministrare la città, ma anche nel ricostruire la fiducia dei cittadini nelle
amministrazioni locali, fiducia messa a dura prova dal recente scioglimento del Comune per infiltrazioni
mafiose'; hanno definito 'ostruzionismo politico' una linea spacciata da Mainiero come 'un atto di difesa dei cittadini dal degrado amministrativo' ”.
IL RUOLO DELL'OPPOSIZIONE. “E’ la vittoria della città - prosegue l'europarlamentare - rappresentata degnamente dalla nostra sindaca, sull’irresponsabilità, sull’incapacità di accettare un confronto sul piano politico senza scadere nell’insulto e nell’ossessione, di accettare ed
elaborare una sconfitta, di rispettare il voto dei cittadini e il risultato delle urne. L’opposizione è sacra e
fondamentale per la tenuta di un sistema democratico e in un’assemblea elettiva: ma Foggia non ha bisogno di un’opposizione unicamente animata da spirito di rivalsa e di vendetta, di una opposizione in
campagna elettorale permanente e chiusa in uno spazio circoscritto riempito da monologhi deliranti, senza
connessione con la realtà. E diventa grave e pericoloso quando si cerca di spacciare un certo modo di fare
opposizione per verità assoluta, alimentando tensione e confusione all’interno e all’esterno
dell’amministrazione comunale, anche a livello nazionale.
Foggia merita ben altro. Merita amministratori capaci, onesti, responsabili, non tribuni improvvisati
prigionieri della propria rabbia e dei propri fallimenti”.
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