Stampa questa pagina

Foggia, la città che non si vede più: palazzi scomparsi, potere imperiale e nobiltà urbana

Dalle origini di Sancta Maria de Fogia al Palazzo della Dogana, oggi sede della Provincia, un viaggio nella memoria visibile e invisibile della città attraverso i luoghi del potere. Un itinerario nel centro storico tra tracce medievali, palazzi nobiliari e istituzioni che hanno segnato la storia del Mezzogiorno.

LA STORIA. Nella mattinata di sabato 13 dicembre, il tour guidato dei palazzi storici di Foggia, organizzato dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Barletta‑Andria‑Trani e Foggia, in collaborazione con FIAB – Foggia Cicloamici, parte da un luogo simbolico, carico di memoria e allo stesso tempo segnato dall’assenza: il Palazzo di Federico II, un edificio che oggi non esiste più ma che rappresenta una delle chiavi fondamentali per comprendere la nascita e lo sviluppo della città. La scelta di iniziare la passeggiata da questo punto non è casuale. Qui sorgeva il casale di Santa Maria de Foggia, il primo toponimo storicamente attestato riferibile all’area dell’attuale città, documentato nelle fonti medievali anche come Sancta Maria de Fogia o Sancta Maria de Fovea. L’insediamento, sviluppatosi intorno all’anno Mille, nacque in una zona inizialmente paludosa, progressivamente bonificata. Il nome Foggia deriverebbe con molta probabilità dal latino fovea, “fossa” o “avvallamento”, un chiaro riferimento alla conformazione originaria del territorio. Nel 1221 l’imperatore Federico II di Svevia giunge a Foggia e ne intuisce immediatamente il valore strategico, trasformandola in breve tempo in uno dei centri principali della sua politica imperiale, ma anche in luogo di delizie, di cultura e di rappresentanza. Foggia diventa la residenza prediletta dell’imperatore nei mesi invernali del suo lungo regno, mentre durante l’estate Federico II preferisce spostarsi in località montane non lontane dal Tavoliere. Nel 1223 prende avvio la costruzione del palazzo imperiale, affidata a Bartolomeo da Foggia, architetto di corte, autore di un edificio sontuoso.

LA FACCIATA. Di quel palazzo oggi restano soltanto tracce residuali, ma di straordinaria importanza storica: un archivolto decorato con motivi vegetali, sostenuto da aquile scolpite con funzione di mensole. Questo frammento è oggi incastonato nella facciata di Palazzo Arpi, sede del Museo Civico, e conserva all’interno un’iscrizione che ricorda la costruzione del palazzo imperiale e il nome del suo progettista. Raccontare Foggia significa, dunque, raccontare anche ciò che non si vede più. Dopo la stagione federiciana, la città conosce una nuova fase di crescita e centralità tra l’età moderna e il Settecento, quando diventa un punto nevralgico dell’amministrazione economica del Regno.

UNO SCRIGNO DI STORIA. Dopo una spiegazione ricca di dettagli da parte del responsabile del percorso della Soprintendenza, si arriva a Palazzo De Nisi – Rosati che si mostra agli occhi del visitatore come un piccolo scrigno di storia e ornamenti. La famiglia De Nisi commissionò la realizzazione dell’edificio, che fu successivamente donato agli Agostiniani, prima di passare ai Rosati nel 1720. I membri di questa famiglia, arricchitisi grazie al commercio della lana e ai legami con la Repubblica di Venezia, esercitarono un’influenza significativa, sia sul piano politico sia in ambito sociale. Alcuni furono consoli della Serenissima, altri parteciparono ai moti carbonari del XIX secolo. L’edificio, nonostante il trascorrere dei secoli, conserva ancora archi ornamentali, balconi sorretti da mensole a spirale e una facciata elegante, testimoniando la ricchezza e il gusto dei suoi proprietari.

I PARTICOLARI. Le guide della Soprintendenza, attente e precise, alternandosi nell’accompagnare i visitatori lungo un percorso ricco di dettagli, svelano particolari spesso invisibili a un occhio inesperto e trascurati, come incisioni nascoste e motivi floreali sui capitelli. Il Palazzo De Maio, costruito nel 1545 sui ruderi preesistenti, racconta un’altra storia: quella di un edificio abbastanza compromesso, che sopravvive solo attraverso alcuni elementi ben conservati, come cornici, lesene e porzioni del loggiato. Il primo piano, risalente alla metà del Cinquecento, mostra ancora le lesene scanalate tipiche del Rinascimento, mentre il piano superiore e il loggiato, aggiunti a partire dal 1668, offrono scorci sul Tavoliere e sulle abitudini raffinate della nobiltà foggiana. Gli operatori culturali sottolineano la delicatezza del restauro e l’importanza di preservare ciò che resta di questa architettura, permettendo di percepire, tra i dettagli superstiti, il fascino del passato. 

IL TERREMOTO. Il percorso prosegue tra edifici ricostruiti dopo il terremoto del 1731, un evento che trasformò radicalmente Foggia. Tra questi spicca il Palazzo del barone Filippo Farina, con linee sobrie e regolari, un portale decorato e un cantonale impreziosito da colonnine sovrapposte con capitelli a foglia, testimoni di una capacità decorativa elegante ma al tempo stesso enigmatica, difficile da catalogare in uno stile preciso. Come penultimo sito visitato, il tour porta alla scoperta del Sacro Tavolo di Foggia, un luogo legato a una leggenda molto cara alla città. Si narra che alcuni pastori, mentre conducevano i loro animali in una zona paludosa dell’attuale centro storico per abbeverarli, furono catturati da una visione straordinaria: uno dei buoi si inginocchiò davanti a uno specchio d’acqua e i pastori videro riflettersi tre fiammelle, simbolo dello stemma della città. In quel punto, tra le acque e il pantano, i pastori scoprirono il Sacro Tavolo della Madonna dei Setteveli, un reperto sacro che da allora è divenuto oggetto di devozione e memoria, legando il miracolo delle fiammelle alla presenza divina in città. Si chiude idealmente con l’altro Palazzo della Dogana, oggi sede della Provincia, uno degli edifici più emblematici della città. Tra il 1761 e il 1806 ospitò la Regia Dogana della Mena delle Pecore, cuore amministrativo di un sistema economico che rese Foggia uno dei centri principali del Regno di Napoli. La transumanza, con migliaia di pecore dall’Abruzzo in Puglia, era così rilevante da essere monitorata dalla corte aragonese. Il tribunale della dogana regolava percorsi, controversie e privilegi dei pastori, garantendo diritti fondamentali e agevolazioni fiscali.

I DETTAGLI. Le guide della Soprintendenza illustrano con precisione dettagli, aneddoti e curiosità, facendo rivivere agli ospiti il clima dell’epoca. Dalle origini di Sancta Maria de Fogia al Palazzo della Dogana e fino alla leggenda del Sacro Tavolo, il tour restituisce la percezione di una città stratificata, dove la memoria del tempo si intreccia con le pietre superstiti, i palazzi visibili, quelli compromessi e le tracce degli edifici scomparsi. È una Foggia che racconta sé stessa attraverso dettagli ornamentali, scorci nascosti e la precisione delle guide, custodi di un patrimonio che continua a sorprendere chi lo sa osservare. Raccontare Foggia significa, dunque, raccontare anche ciò che non si vede più.
(Cinzia Rizzetti)

di Redazione 


 COMMENTI
  •  reload