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Foggia, quando in pieno centro c'erano i "bagni di Vaccarella"

Ubicati nella zona della stazione, a Foggia c'erano i ”Bagni di Vaccarella", collegati all’igiene personale e all’annosa questione della mancanza dell’acqua corrente in città. Allora in tutte le case mancava l’acqua corrente e, per offrire ai cittadini la possibilità di fare il bagno, nell’ultimo decennio del secolo scorso (1890), all’inizio di quella strada che dal 1930 è denominata via Trieste, c’era un albergo diurno, molto conosciuto in città e in provincia, dove, con modica spesa chiunque poteva soddisfare le proprie esigenze di igiene. Era un vasto complesso edile composto da numerosi stanzini con la vasca da bagno e, nell’interno, nell’ampio cortile, molte pompe per attingere l’acqua dai pozzi, le vasche per il deposito (L’acqua arrivò a Foggia nel 1924).

I BAGNI. Vista la speciale posizione topografica della città, priva com’è di mare, fiume, lago nelle cui acque gli abitanti, durante le giornate calde potevano trovare ristoro, nel primo decennio del Novecento vi fu chi - spendendo somme ingenti -, dotò Foggia di uno stabilimento termale messo con i sistemi più progrediti. A tutto pensò un membro della scomparsa famiglia Vaccarella, proprietaria del palazzo di Via Generale Torelli, ampliato più tardi e passato alla sede del Consorzio Agrario Provinciale. Lo stabilimento, conosciuto per “i bagni di Vaccarella” (per questo motivo la vicina via prese il nome di via dei Bagnanti e non Bagnante, com'è riportato attualmente sulla targa stradale), occupava l’intero lato di via Trento; dall’esterno erano visibili i camerini, le pompe che attingevano l’acqua dai pozzi, le vasche del deposito, il vasto cortile-giardino con la biancheria che sciorinava al sole. Purtroppo, come per tante belle e buone realizzazioni, delle quali Foggia può considerarsi antesignana, l’ardita impresa non ottenne il successo. Dopo qualche anno furono chiusi i battenti: il personale licenziato e le macchine restarono ferme per parecchio tempo. Forse il proprietario si cullava del sogno della ripresa, mai ai primi del Novecento liquidò tutto e adattò i locali a uso abitazione. 
(Ettore Braglia)

di Redazione 


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