Un salto nel passato di Foggia con il Palio dei gallucci
Nuovo racconto firmato Ettore Braglia
Molti di noi ricordano ancora con vivo senso di nostalgia le belle feste rionali che il popolino foggiano, per antica tradizione, amava allestire nelle ricorrenze dei Santi Patroni, organizzando divertimenti tipicamente nostrani. Tutte queste belle cose ora sono in gran parte scomparse e con esse, anche il più vago ricordo, sotto l’incalzare del progresso che tutto distrugge e cancella.
Tra gli innumerevoli “sollazzi” di un tempo, mi piace ricordare l'appuntamento con il "palio", di origini remote, che non mancava mai di essere inseriti nei programmi delle feste religiose, organizzato a cura degli abitanti del quartiere.
Così c’era il palio della “caldaia”, quello dei “maccheroni”, quella della corsa nei “sacchi” la divertentissima corsa dei “ciucci”, nonché il palio dei “gallucci”.
Quest’ultimo detto “albero della cuccagna”, consisteva in un lungo palo di legno, grosso, come quelli che venivano usati in campagna per sostenere i fili elettrici con la base interrata, mentre alla sua sommità venivano legati per le zampe un paio di galli insieme a una borsa di denaro.
IL PALO. Il divertimento era intenso, perché si trattava di dare possibilità al concorrente di aggrapparsi al palo, scalarlo, raggiungere il vertice, stappare gallucci e soldi, e poi lasciarsi scivolare fino al piano stradale dove veniva dichiarato vincitore e gli spettava il bottino.
Però le risate maggiori avvenivano allorché il palo, opportunamente intriso di dense pennellate di sapone verde per bucato, acquistava una superficie tanto levigata da impedire all’aspirante vincitore di arrivare sino alla sommità. (Ettore Braglia)
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