Quando a Foggia, tra corso Vittorio Emanuele e corso Garibaldi, sorgeva la Chiesa di Sant'Antonio Abate...
Il racconto di Ettore Braglia
La chiesa di Sant'Antonio Abate è stata una chiesa di Foggia, demolita nel 1935.
La chiesa, della prima metà del XIV secolo, era situata all'incrocio tra gli attuali corso Vittorio Emanuele e corso Garibaldi, nel largo omonimo (largo Sant'Antonio anche detto "borgo degli scopari").
I DOCUMENTI. La chiesa è idealmente raffigurata nelle carte della Dogana delle Pecore e molti anziani ricordano ancora l’antica chiesetta di tipo rurale, dedicata al Santo, sita là dove sorge l’edificio del Credito Italiano, formando angolo tra Corso Vittorio Emanuele e il Corso Garibaldi.
Dai documenti esistenti nell’archivio del Capitolo della cattedrale di Foggia, risulta una origine molto antica (prima metà del secolo XIV).
Sorgeva a “Largo S. Antonio” con ingresso a nord-ovest, con il lato sinistro scoperto lungo l’attuale Corso Vittorio Emanuele, il lato destro attaccato al palazzo Buonfiglio e il lato posteriore unito al palazzo della Marchesa Varo, ricostruito dai Magazzini Standa.
LA DEMOLIZIONE. La Chiesa era Sede della Confraternita dei Bianchi; l’interno, a forma rettangolare, era a una sola navata con tre altari: il maggiore dedicato all’Immacolata Patrona della Confraternita, un altro era dedicato a Santa Brigida e il terzo all’Addolorata. Aveva una Cripta o tomba per la sepoltura dei Condannati a morte. Vi era un piccolo campanile con una sola campana e una sacrestia.
Nel 1935, per il risanamento della città, la chiesa fu abbattuta e sul suo sito fu costruito il Credito Italiano.
La statua del Santo fu portata nella chiesetta della Madonna delle Grazie.
I contenuti dei commenti rappresentano il punto di vista dell'autore, che se ne assume tutte le responsabilità. La redazione si riserva il diritto di conservare i dati identificativi, la data, l'ora e indirizzo IP al fine di consegnarli, dietro richiesta, alle autorità competenti. La Corte di Cassazione, Sezione V, con sentenza n. 44126 del 29.11.2011, nega la possibilità di estendere alle pubblicazioni on-line la disciplina penale prevista per le pubblicazioni cartacee. Nello specifico le testate giornalistiche online (e i rispettivi direttori) non sono responsabili per i commenti diffamatori pubblicati dai lettori poichè è "impossibile impedire preventivamente la pubblicazione di commenti diffamatori". Ciò premesso, la redazione comunque si riserva il diritto di rimuovere, senza preavviso, commenti diffamatori e/o calunniosi, volgari e/o lesivi, che contengano messaggi promozionali politici e/o pubblicitari, che utilizzino un linguaggio scurrile.Riproduzione Riservata.