Foggia Village / Sale di città, tornano le rassegne cinematografiche in piazzetta, ora mancano solo i locali...
Questo articolo è un test e se leggendolo vi chiederete dove mai siano i posti e le abitudini di cui leggerete, con ogni probabilità avete meno di quarant'anni e allora beati voi. Se invece ne avete qualcuno di più e avete fatto l'università a Foggia, o anche se non l'avete fatta, se io vi chiedo cosa facevate il martedì sera da novembre ad aprile, la risposta è univoca: rassegna!
I “GIARDINI” ALTERNATIVI. Una (ai tempi) nascente associazione studentesca ebbe questo guizzo intuitivo brillante, che serviva un momento di aggregazione anche fuori dall'ateneo. Noi ventenni, appena resi orfani della grandiosa energia aggregativa espressa da Piazza Italia – “i giardini” che vennero chiusi in un cantiere per anni per venire devastati, pardon, riqualificati dai fondi del progetto URBAN- iniziavamo allora a frequentare la “piazzetta”, in cui cominciavano ad aprire locali di vario genere, con predominanza di pub. Qualcuno era progettato con tutti i crismi, tipo il Duncan, il Saloon, o l'insalateria Break,qualcuno era decisamente un ritrovo per iniziati, messo su con due lire e incalcolabile buona volontà, tipo il Coniglio Mannaro o il Pomodori Verdi Fritti. Nell'urgenza di aprire un locale a tutti i costi per intercettare una massa di ventenni che dovevano ritrovare un rifugio, in quegli anni aprì addirittura il Sinué, una semplice stanza disadorna che aveva solo tavolini scompagnati e alcuni giochi da tavolo, e quando tutti i giochi erano stati presi dai primi avventori c'era comunque abbondanza di fogli e penne per giocare a Nomi Cose e Città. Il martedì sera, post film, tutti questi locali, e moltissimi altri che non ho citato e che gravitavano nel raggio della città vecchia, erano presi d'assalto, perché la rassegna era frequentatissimarrrftgfttttttttt (libera contribuzione del gatto che ha appena passeggiato sulla tastiera...).
LA RASSEGNA UNIVERITARIA, FILM DI SUCCESSO, CINEMA DIMENTICATI. La combinazione di titoli di cassetta, tutti recentissimi benché di seconda uscita (qualche volta addirittura in abbonamento figuravano verso la fine della rassegna titoli che erano in quel momento in sala in prima uscita) ad un costo irrisorio, ventimila lire per dieci film, adeguato alle tasche di studenti che cercavano di risparmiare su tutto (quante copisterie in quegli anni! Quanti seri ed egregi professionisti di oggi si sono laureati su libri fotocopiati!) aveva centrato l'obiettivo, e la caccia all'abbonamento era un'attività frenetica non appena si spargeva la voce che c'era la rassegna in programmazione. Fu individuato un cinema ormai in disuso, il cinema Italia, a un solo passo dalla Cattedrale, che divenne per intere stagioni uno dei centri di attenzione di una intera generazione. Più che al cinema pareva di stare in teatro, con le reazioni corali enfatizzate durante le varie proiezioni. Ricordo i salaci commenti in foggiano davanti agli effetti speciali assolutamente improbabili di Daylight o The day after, le solite americanate, come pure il mormorio di disappunto alle proiezioni di Dead Man Walking o Difesa ad oltranza, programmati uno di seguito all'altro, con l'orrore per le esecuzioni capitali oggetto di entrambi i film, “madò che paranoia! Già teniamo da dare matematica con Albano, pure di questi che muoiono sempre ci dobbiamo angosciare?”. Discussioni puntualissime quelle sui posti, che arrivava una coppia e prendeva magari due intere file per far sedere sedere vicino tutto il gruppo di studio, e sulle sigarette, che il tuo vicino di poltrona spegneva solo se era gentile. C'è stato un tempo infatti neppure troppo lontano, prima della legge Sirchia, in cui nei locali si fumava, e i cinema non facevano eccezione. Noi ragazze, adepte in quegli anni della laboriosa piega ai capelli con i bigodini grossi per avere le onde morbide, programmavamo lo shampoo subito dopo il fine settimana “no non mi lavo i capelli al sabato, poi la domenica tanto li devo rilavare che puzzano di fumo”. Il martedì comunque era percepito più casual, e in rassegna ci si poteva andare anche con i jeans, come mai ci saremmo sognate di apparire il sabato sera. Per un periodo breve la rassegna universitaria fu ospitata anche al cinema Cicolella, sul viale della Stazione, subito prima che venisse chiuso.
I FILM D'ESSAI. Dieci anni più tardi, archiviata la fase universitaria, ma non la voglia di aggregazione e cazzeggio, diventati compìti lavoratori precari sempre in cerca di un contratto migliore, siamo approdati a una rassegna nuova, quella del mercoledì al Falso Movimento, sala in cui per molti anni l'ottimo lavoro del direttore Mauro Palma ci ha fatto assistere al meglio dei film d'essai. Io a dirla tutta di quegli abbonamenti ricordo soprattutto incomprensibili trame a volte asiatiche a volte dell'Europa dell'est, nei casi più fortunati in lingua originale ma sottotitolate, a cui sopravvivevo solo dormendo per la maggior parte delle proiezioni tra i titoli di testa e quelli di coda. Una volta rimasi sveglia, ed era Still life, un film cinese penso, sul dramma di una intera popolazione deportata per far posto alla diga più grande del mondo, che ho quasi desiderato di tornare a fare l'esame di matematica con il professor Albano. Un'altra volta invece davanti a un film buffo e gradevole, la classica commedia francese con al centro un triangolo amoroso, uno spettatore, forse legato alla programmazione precedente al cinema d'essai, perché il Falso Movimento era nella storica Sala Farina che, essendo gestita dalla Curia, programmava soprattutto film con elevato contenuto morale, si alzò dalla platea iniziando a percorrere il corridoio tra le poltrone verso lo schermo, inveendo ad alta voce verso quella coppia di adulteri. Insomma c'era sempre un motivo per non mancare alla rassegna.
SALE DI CITTA', LA RASSEGNA OGGI. Rientrata in città dopo anni di assenza, ho scoperto il rinnovato Altrocinema Cicolella, civilissima e benemerita istituzione che permette di andare al cinema in centro città, evitando il viaggio fino alla multisala, che tra la ricerca del parcheggio libero dal parcheggiatore e i tagli impietosi alle trame per permettere la vendita di secchielli di popcorn e caramelle gommose fa diventare un film una esperienza non eccelsa. Quando ero piccola negli stessi locali dell'Altrocinema c'era il cinema Dante, per soli adulti, i cui cartelloni venivano rigorosamente coperti in concomitanza della processione dei Misteri al Venerdì Santo, che parte e torna dalla Cattedrale, lì a poche decine di metri. L'avvento di internet ha tolto ragione di esistere a questo tipo di sale, e dopo alcuni anni di indecisione sul posizionamento da dare alla nuova proposta, con una idea veramente apprezzabile è nata una mini multisala, che offre sempre una pluralità di scelte, dal film di richiamo al titolo impegnato, da godersi in silenzio e senza interruzioni. In questa scia si inserisce la rassegna ideata dall'associazione Sale di città, al giovedì, in cui è possibile vedere film d'autore, proiezioni in lingua originale, pellicole con un filo conduttore come quelle realizzate in partnership con l'associazione ASD Runners Parco San Felice, a tema sportivo, dibattiti con i registi. Io ho visto questa settimana I limoni d'inverno, con un insolito Christian De Sica fuori dal classico cinepanettone, e l'ho apprezzato veramente. Nel pubblico ventenni universitari non ce ne sono più, ma i commenti a mezza bocca hanno la stessa partecipazione di quando facevamo il tifo perché l'assassina sfuggisse all'iniezione letale. E anche questa rassegna è presa d'assalto, ai 18 posti della saletta, la più piccola, hanno dovuto aggiungere alcune poltrone, il che, per vedere De Sica fare il serio, non mi è sembrato un risultato scontato. Altrettanto piene le altre proiezioni. Fuori dal cinema, in piazzetta, i locali però sono sempre per un pubblico molto più giovane, e alla fine torni a casa sentendo che manca un completamento alla serata. Lo vogliamo fare, un ritrovo per ragazzi con decenni di esperienza? (Giuseppina Dota)
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