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Formazione, percorsi e costi nel motor sport: intervista a Benny Strignano

Benny Strignano, 22 anni, è attualmente uno dei prospetti più interessanti nella categoria gran turismo a livello regionale e nazionale. Pilota della Lamborghini Uracan per il Team Clg Bloise Motorsport, Benny Strignano oltre ad essere pilota professionista è anche insegnante di kart per i bambini dai 6 ai 12 anni e proprietario del kartodromo Vebekart a Margherita di Savoia. Un’attività che gestisce dal 2006 insieme al padre. Con Benny abbiamo parlato del suo kartodromo, nel quale oltre a poter girare con kart noleggiati, è possibile noleggiare gli stessi al fine di organizzare vere e proprie gare con amici con tanto di qualifiche cronometrate per fare la griglia e successiva gara di dieci giri, e chiaramente allenarsi con Kart di proprietà Ma si è parlato anche della sua carriera, del Mondo del motor sport, dei suoi segreti, di come si fa ad entrarci, delle differenze tra carriera amatoriale e carriera professionale.

L'INTERVISTA. Benny Strignano, come è nata la tua passione per il motor sport e come hai fatto a diventare pilota?
La passione per il motor sport l’ho ereditata da mio padre che ha sempre praticato questo sport e io da piccolo l’ho sempre seguito in tutte le sue gare. Poi nel 2006 abbiamo aperto questa struttura, il Vebekart, e da allora ho continuato a coltivare la mia passione sulla pista. Chiaramente sono stato fortunato avendo a disposizione una pista. Le mie prime competizioni sono state sui kart sempre a livello regionale: abbiamo vinto dei campionati e, in generale, abbiamo ottenuto dei buoni risultati. A sedici anni ho cominciato a fare test sulle auto di gran turismo a ruote coperte e anche un paio di test su auto da formula 3 a ruote scoperte. Da qui in poi ho cominciato a fare gare su auto, in campionati riservati al centro - sud Italia. Ormai è circa un anno e mezzo che corro con la Lamborghini, precisamente Lamborghini Uracan nel campionato italiano. Quest’ anno se tutto va bene prenderò parte al campionato italiano Gran turismo.
Sei anche un insegnante di kart per bambini dai 6 ai 12 anni all’interno del tuo kartodromo. Ci spieghi tecnicamente in che cosa consiste una tipica lezione di kart?
Quando il bambino viene da noi gli viene fatta una piccola teoria su come funziona il kart. Quindi inizialmente si cerca di far approcciare il bambino a un mondo che per lui è completamente nuovo. Dopo, quando si scende in pista, il kart del bambino viene collegato al mio tramite una corda da traino in modo tale che se anche lui non dovesse utilizzare il freno, ci sono comunque io per frenarlo. Nel momento in cui mi accorgo che il bambino incomincia a essere padrone della situazione, ovvero utilizzare il freno nel modo giusto, quindi prendere le curve nel modo giusto e non fare pazzie, allora lo mollo. A me non interessa che il bambino sia veloce, quanto che abbia una guida pulita, e quando mi dà fiducia in tal senso allora lo mollo e levo la corda da traino. A questo punto lui passa dietro di me e io vado avanti. In questo secondo modulo non deve far altro che seguire quello che faccio io senza mai superarmi. Il terzo giorno il bambino viene lasciato da solo in pista e io semplicemente guardo cosa fa. Se non esegue le traiettorie esattamente come dico io, inserisco dei birilli in modo tale che impari a seguire le traiettorie giuste. Mi aspetto, così facendo, che impari a individuare i punti di frenata, l’ingresso curva, i punti di corda, i punti dove dare gas. Dopo i tre giorni di scuola viene rilasciato al bambino un attestato, che gli consente di poter noleggiare il kart ogni qualvolta viene al nostro kartodromo, questo perché per legge i kart possono essere noleggiati solo dai quindici anni in su. Minori di quindici anni non li possono noleggiare. Possiamo dire che è il primo passo per chi voglia approcciarsi al mondo del motor sport sin da piccolo. Ogni giorno di lezione ha la durata di tre sessioni da dieci minuti, massimo un quarto d’ora. Adottiamo questo metodo in quanto stare sui kart è stancante, e se il bambino guida il kart stanco e con poca lucidità rischia di fare errori e anche farsi male.
Uno dei problemi principali di chi abbia voglia di intraprendere una carriera in quest’ ambito è rappresentato sicuramente dai soldi, ce ne vogliono tanti. Una persona che non sia particolarmente benestante può comunque entrare nel Mondo del motor sport e come?
Premetto che io sono un caso a parte, in quanto ho avuto la fortuna di trovarmi a disposizione una struttura già bella e pronta per coltivare la mia passione. Diciamo che a una persona normale non benestante basta acquistare un kart, la spesa dipende chiaramente dalla qualità del kart, farsi una tessera assicurativa sugli infortuni, e poi venirsi ad allenare in pista, pagando naturalmente la pista ogni volta che viene. E poi quando vuole partecipare alle gare iscriversi a queste ultime. Possiamo definire questo un percorso amatoriale alla porta di quasi tutti, sebbene non manchino le spese: manutenzione, benzina, l’iscrizione alla gara ecc… Se invece si vuole fare un percorso professionistico i costi si alzano enormemente. Per fare un esempio, se si vuole partecipare ad un semplicissimo campionato regionale o italiano, si ha sempre e comunque bisogno di una intera squadra alle spalle, di un team: meccanico, motorista, telaista, ecc… Questo perché ad oggi il livello agonistico è altissimo, e il kart o comunque la vettura da competizione necessita di una continua manutenzione dopo ogni sessione di prova, dopo ogni test e soprattutto dopo ogni gara. E sia il lavoro del team come pure i ricambi sulla propria vettura sono costi che ricadono interamente sul pilota. Questo è il vero problema, e non a caso tutti i grandi piloti del motor sport vengono da famiglie benestanti. I team sanno bene che questo è uno sport per ricchi e popolato da ricchi, ed anche con grandi prospettive di guadagno, e di conseguenza tendono ad alzare l’asticella facendosi pagare tanto. Diciamo che un percorso professionistico standard che parta dai kart per arrivare alla formula 1, per fare un esempio, comporta una spesa di 7 o 8 milioni di euro, come minimo.
Io so che Hamilton non viene da una famiglia benestante
Queste sono le fantasie che si raccontano. Hamilton è povero rispetto al Mondo della formula 1 ma ricco rispetto alla gente comune Il motor sport , a differenza degli altri sport, è molto condizionato anche dall’evoluzione continua della tecnologia.
Quali sono le differenze principali tra il fare carriera oggi e il fare carriera ad esempio negli anni 70, 80 e 90
Diciamo che negli anni 80 ed anche prima il pilota era il vero pilota. Si iniziava la carriera dai kart , e all’epoca il kart altro non era che un pezzo di metallo con un motore, e il pilota lo doveva saper far funzionare al meglio, ed era lui a fare la differenza. Non c’erano differenze di motore, telaistiche ecc.. e questo perché non c’erano differenze economiche tra piloti e i mezzi che utilizzavano. Prima potevi presentarti ad un campionato italiano da privato: il pilota, il papà e il meccanico con il kart proprio. E ottenere degli ottimi risultati e far carriera così. Oggi se ti presenti da privato non hai alcuna speranza. Oggi devi per forza avere il team, perché il livello si è alzato enormemente e il pilota deve avere il top per sperare di poter competere. Il team deve seguire costantemente il pilota soprattutto durante le prove in quanto con il livello che c’è oggi se non fai tanti chilometri di prove e test non ti puoi presentare alle gare. I motori dei kart di oggi non sono più come quelli di trenta anni fa, un tempo li poteva fare un normalissimo meccanico, oggi con l’evoluzione tecnologica che c’è stata a certi livelli hai bisogno di uno specialista. La tecnologia ha alzato il livello delle vetture, l’innalzamento del livello delle vetture ha fatto alzare enormemente i costi. Un tempo bastava il solo talento, ora il talento rimane determinante ma se non è legato ad una situazione economica vantaggiosa non può venir fuori.
Da un punto di vista prettamente atletico in che modo si deve preparare un pilota, indipendentemente dalla categoria nella quale corre
La prima preparazione di un pilota è rappresentata dall’atto pratico, ovvero allenarsi facendo il più possibile movimenti che si avvicinano a ciò che andrai a fare in pista. La maggior parte dei piloti di formula 1 oggi si allena sui simulatori, che a mio avviso si distanziano molto dalla realtà, in quanto da un punto di vista fisico non ti danno la sensazione di quanto la macchina va a scaricare sull’asfalto in piena velocità. Il mezzo in assoluto più stressante da un punto di vista fisico rimane il kart. Io personalmente per allenarmi faccio tre giorni di palestra e un giorno di uscita in bici, e faccio tutti allenamenti mirati, potenziamento: braccia, collo, bacino. Il fatto di stare seduti in un auto da corsa non è sinonimo di stare comodi in quanto i muscoli li hai costantemente contratti e in tensione. Un’ ora di gara a me comporta una perdita di tre chili per sudorazione, quindi lo stress è tanto. Un calciatore durante una partita di 90 minuti, fa la sua giocata poi ha il tempo di 5,6 o 10 secondi in cui puoi recuperare. Durante una gara di venti minuti non hai tempo per recuperare sono venti minuti di stress sia a livello fisico che psicologico in quanto non puoi distrarti neanche un attimo. L’allenamento fisico è finalizzato a tenere sempre fresco il cervello, perché quando ti stanchi perdi la lucidità e in pista non te lo puoi permettere.
Le discipline legate al motor sport cosa lasciano ad un ragazzo che decide di intraprenderle, non necessariamente a livello professionistico, ma anche semplicemente per passione e a livello amatoriale?
Io penso che le emozioni che ti dà portare qualsiasi vettura di qualsiasi categoria del motor sport sia il kart, una gran turismo, una formula 1, formula 3, la stessa moto, non te la dà nessun altro sport. Quando apri il gas e senti il tuo veicolo arrivare a 250 o 300 km orari, o anche 160, 170 come nel caso dei kart in spazi ridotti, ti arriva una scarica di adrenalina unica, che solo il motor sport ti sa dare. E io credo che alla fine sia questo ciò che più di ogni altra cosa lascia ad una persona che lo prova. Noi piloti quando scendiamo dalle nostre auto a fine gara tremiamo ancora per l’adrenalina che non riusciamo a scaricare. Si tratta di sensazioni che non si possono descrivere a parole. Poi in tutto questo c’è anche, come si è detto prima, la componente dello stress che è tanto. Così trovi persone che prendono il volante e capiscono che non riescono a reggere quello stress e quindi mollano, ed altre per le quali invece è amore a prima vista. Un mito che ci terrei a sfatare è quello relativo al pilota spericolato e senza cervello. Ti posso assicurare che il pilota deve avere più cervello del calciatore. Per avere la lucidità e l’attenzione unita al coraggio che ti portano a calcolare in meno di una frazione di secondo la scelta giusta, il calcolo del rischio ecc… ci vuole tanto cervello. E a livello professionistico è proprio questa qualità che fa la differenza. E facendo questi sport sviluppi soprattutto queste qualità.
L'AUTORE. Gaetano Lagattolla

di Redazione 


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