Ghetto Bulgari, sgombero rinviato dopo i pasticci: dalla traduzione 'farlocca' alla costosa e inutile spedizione con le ruspe
Alla fine della giostra il cosiddetto 'ghetto dei bulgari' resta lì dov'è, nonostante le condizioni fatiscenti, di scarsa igiene e sicurezza. Lo sgombero è rinviato a settembre e la spedizione odierna della polizia municipale, con tanto di ruspe al seguito, si trasforma in un'operazione inutile e costosa: l'ultimo atto di una serie di pasticci amministrativi che hanno finito per ostacolare il processo di integrazione e accoglienza che una serie di associazioni locali stava portando avanti da tempo.
AL CAMPO CON LE RUSPE. Oltre una ventina di agenti della polizia municipale si sono recati in mattinata in località Masseria Fonte del Pesce, dove durante l'anno vivono tra i duecento e gli ottocento rom bulgari, la maggioranza dei quali impiegati come manodopera a basso costo nelle campagne limitrofe per la raccolta di ortaggi e pomodori. Si voleva dare corso, come confermato dalla presenza di un paio di ruspe, all'ordinanza di sgombero emessa dal sindaco di Foggia nel febbraio scorso; tuttavia l'esito finale è un accordo con i rappresentanti degli abitanti che impegna le famiglie ad assicurare, entro una settimana, una sistemazione degna ai minori e consente a tutti gli altri di restare lì fino al 15 settembre quando la stagione di raccolta sarà terminata.
SERIE DI ERRORI AMMINISTRATIVI. Dopo mesi di braccio di ferro tra istituzioni e associazioni, dunque, la soluzione è ancora rimandata. Le baracche di fortuna, con tanto di lastre eternit in evidenza continueranno a fare bella mostra di sé e nessuna soluzione abitativa è stata individuata almeno per i nuclei familiari con minori. L'accampamento abusivo in località Masseria Fonte del Pesce è lì da quasi dieci anni ma è balzato all'attenzione della cronaca solo l'anno scorso. Un'improvvisa 'notorietà' aumentata dopo l'episodio drammatico, avvenuto a dicembre 2016, quando un incendio divampato tra le baracche ha causato la morte di un giovane ventenne. Da allora la parola 'sgombero' è stato il ritornello delle istituzioni e la fretta di agire ha portato ad una serie di errori: prima l'ordinanza del sindaco, notificata agli abitanti del ghetto con una traduzione 'farlocca' su carta non intestata ma con tanto di timbro della polizia municipale (scaricabile in basso); poi la mancata ricerca di un'alternativa abitativa per i nuclei familiari con minori, prevista invece dalle norme, che ha causato le proteste dell'associazionismo locale e un duro comunicato di Unicef Italia. Infine un ampio impiego di mezzi e uomini per lo sgombero, rivelatasi, come ampiamente prevedibile, oltre che costosa anche inutile.
ASSOCIAZIONI INASCOLTATE. In questi mesi una serie di associazioni, come Anolf, Caritas, Camera minorile di Capitanata, Solidaunia e Unicef hanno tentato inutilmente in una serie di tavoli tecnici di segnalare alle istituzioni la necessità di assicurare, in contemporanea con lo sgombero, “adeguate alternative abitative per i nuclei familiari coinvolti nel rispetto della vita familiare e dei diritti fondamentali delle persone”. Istanze da ultimo contenute nella lettera inviata a Prefetto, Comune e Regione dall'associazione internazionale European Roma Rights Centre, che richiamano quanto previsto dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo e gli impegni assunti anche dall'Italia nella Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea sulle misure efficaci per l’integrazione dei rom negli Stati membri.
LA MANCATA SOLUZIONE DEL COMUNE. Per risolvere il problema, invece, oltre allo sgombero, l'assessorato alle politiche sociali del Comune di Foggia ha pensato di coinvolgere le case di accoglienza per minori. Tutto ciò ha causato nei genitori il timore di vedersi separati dai propri figli e ha avuto come unico effetto immediato quello dell'interruzione del progetto di integrazione scolastica, coordinato dalla Caritas, che prevedeva la frequenza dei bambini del campo presso la scuola di Borgo Mezzanone. Le mamme, infatti, hanno smesso di accompagnare i loro bambini.
LA PROTESTA DI UNICEF. Proprio per questo la soluzione individuata dal Comune è stata stigmatizzata anche da Unicef Italia. “Abbiamo appreso che il Comune vorrebbe smantellare l’accampamento che esiste su suolo privato alle porte di Foggia, e che avrebbe l’intenzione di spedire i bambini nelle case di accoglienza, separandoli dalle loro famiglie” ha dichiarato il portavoce nazionale Iacomini. “Come Unicef, troviamo intollerabile che sul territorio italiano ci siano bambini che vivono in situazione di degrado che mettono a rischio la loro crescita, il loro sviluppo e a volte anche la loro vita ma ancora più intollerabile è che queste situazioni vengano ‘risolte’ con misure che infrangono ulteriormente i loro diritti”. Iacomini ha poi aggiunto: “Ben vengano iniziative che mirano a migliorare la situazione di questi bambini, ma che siano coerenti con gli impegni presi dall’Italia per promuovere i loro diritti - impegni che i nostri Sindaci devono seguire. Questi impegni sono guidati dal principio del superiore interesse dei bambini, e non è certo separandoli dai propri genitori che si agisce nel loro interesse. Il bambino deve essere tutelato, sempre. Mi stupisco che l’assessorato alle Politiche Sociali e la Prefettura abbiano pensato ad una soluzione del genere".
I MINORI. Ora è difficile capire cosa accadrà nel campo, in particolare per le famiglie con minori. L'ipotesi di un loro ritorno in Bulgaria è improbabile prima della conclusione della stagione di raccolta, anche a causa dei costi del viaggio. Più veritiera l'ipotesi che le stesse si spostino da qualche altra parte. E tutto rischia di ricominciare senza che una soluzione efficace si intraveda all'orizzonte.
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