Il "giornalismo responsabile" di Domenico Iannacone
È l’evidente bellezza della Basilica Cattedrale di Santa Maria Assunta con il suo splendido rosone, esemplare unico al mondo e simbolo della città di Troia, ad accogliere (venerdì 26 luglio) il giornalista Rai Domenico Iannacone.
Città di antichissime origini attribuite all’eroe greco della guerra Diomede e delizioso paesino dei Monti Dauni.
Ad attenderlo una piazza gremita e partecipe che da subito ha mostrato il suo affetto e apprezzamento per il giornalista.
LA SERATA. Dopo i saluti istituzionali dell’assessore Eleuterio Lizzi, in rappresentanza del sindaco Francesco Caserta e dell’amministrazione tutta, Gianfranco La Bella dell’associazione Attiv@mentis, promotrice dell’evento insieme al Comune di Troia e il giornalista Antonio Gelormini hanno affrontato insieme a Iannacone un tema importante: l’ingerenza della politica nella libera informazione e l’importanza dell’inchiesta sociale.
LA MORALE. «Dare visibilità a tutte le cose che non si notano e non si vedono è il compito primario del lavoro d’inchiesta». Con queste parole Gelormini introduce la serata.
Si parla quindi di giornalismo vero, quello con lo sguardo diretto ad altezza ultimi, che viaggia verso le storie minime ma reali, che non subiscono un’operazione di “Photoshop” della politica o di una morale ipocrita cieca e sorda.
«È un’operazione di smantellamento della narrazione classica quella che ho attuato. Avevo il bisogno di raccontare le storie nascoste nelle pieghe della vita — dichiara il giornalista —, una narrazione che ha a che fare con la morale, per farlo bene avevo bisogno di rallentare, un ribaltamento fondamentale per il mio modo di raccontare».
MANCA L'APPROFONDIMENTO. L’offerta televisiva attuale dai ritmi fulminei è mancante, paradossalmente, di comunicazione, non permette di fatto l’approfondimento, la sedimentazione della notizia e del racconto, dove è sempre più assente la morale e lo sguardo verso l’altro, verso i bisogni del mondo e dove invece è rappresentata una certa opulenza di sistema, di potere e di inumanità.
Qualcuno ha detto: “La TV non sta andando da nessuna parte, sta andando dappertutto”, quella di Domenico ha delle traiettorie ben precise verso “i temi che hanno un reagente morale”. Una narrazione capace di suscitare pensiero, azione e la percezione che esiste un mondo diverso tramite un racconto diverso senza edulcorazioni ed effetto lifting.
I SENTIMENTI. Durante la serata anche contributi visivi, scorrono così immagini, frammenti di storie raccontate nei vari programmi di successo di Rai Tre a firma Iannacone, dove palpabile è il dolore ma che lasciano posto alla speranza. Momenti di commozione, racconti di vita apparentemente già tracciata che nascondono comunque un potenziale di trasformazione incredibile se si sposta il focus e la prospettiva. E poi quelli che sprigionano infinita tenerezza. Sicuramente è questo spaziare nel mondo dei sentimenti che aggiunge verità alla sommità dell’inchiesta stessa.
Ci sono stati nel corso degli anni giornalisti come Zavoli, Purgatori, Morrione, Fierro, Biagi, alcuni ricordati nel corso dell’evento, che hanno portato avanti fino alla fine, la loro missione di giornalisti di frontiera dove le frontiere non sono intravedibili come confini di un paese ma sono quelli riconducibili alla verità, verace e spesso audace. Altri come Salerno e Augias e lo stesso Iannacone ancora cercano di farlo.
Senza condizionamenti Iannacone, e prima di lui anche Biagi e Santoro, sono stati silurati dal quel sistema potente del bavaglio alle scomode realtà, agli approfondimenti. Ora il fenomeno in percentuale è di gran lunga superiore al passato ed è faticoso non assoggettarsi al sistema dell’assuefazione o del compiacimento pur di lavorare. Quella fatta ai danni del giornalista in questi due anni di “congelamento” dal palinsesto Rai, è stata un’azione violenta, senza un apparente perché. Qualcuno aveva deciso che pur avendo ascolti molto alti andava in qualche modo eliminato, “fatto cadere nell’oblio”, che era persona indesiderata dalle “nuove” dinamiche del potere politico. Come se parlare di emergenza sociale, povertà e disagio di ogni tipo, fosse solo una mera questione politica.
RICOMPORRE IL CORPO SOCIALE. «Come si racconta il reale?», chiede Gianfranco La Bella e la risposta che ne segue si potrebbe racchiudere in una sola parola: ascolto.
Così lo spiega Iannacone: «Il racconto del reale per essere fatto bene deve entrare nell’anima, non deve essere distante dagli altri, ha bisogno di ascolto, attento anche alle pause, ai silenzi».
Il racconto del reale lo fanno anche le tante persone straordinarie incontrate nei vari servizi girati, nelle varie ore di condivisione e nelle testimonianze delle opere degli stessi. Persone che sono diventate, loro malgrado, volti famigliari.
Quelli dell’ascolto attento ai bisogni del prossimo che si fa poi strumento di misericordia. Di chi lava e medica le piaghe dei migranti, di chi lenisce le ferite dell’anima con il balsamo d’amore per i penitenti, di chi è vero sostentamento ai bisognosi e offre cibo e accoglienza. Il racconto vero è quello di “chi ricompone il corpo sociale”.
Il giornalismo d’inchiesta e sociale di Domenico Iannacone ha lo sguardo ad altezza umanità, ha l’odore della dignità restituita anche verso chi se l’è vista rubata da un sistema fallace o assente, crea la relazione con il telespettatore ed esce dalla quarta parete. Cinzia Rizzetti (foto Giuseppe Totaro)
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