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Il ricordo di Giovanni Panunzio, l'imprenditore ucciso 22 anni fa dalla mafia

Rosi Bindi: "Con l'antiracket Foggia si sveglia"

Sono passati 22 anni dalla scomparsa di Giovanni Panunzio, l’imprenditore ucciso dalla mafia il 6 novembre del 1992. L’associazione antiracket con il suo presidente Cristina Cucci ha voluto ricordarlo presso la Prefettura di Foggia alla presenza di Rosy Bindi, presidente della commissione parlamentare antimafia, il Prefetto Santi Giuffrè, commissario straordinario antiracket, il Prefetto di Foggia Maria Luisa Latella e Tano Grasso, presidente onorario FAI.
LA GIORNATA DELLA MEMORIA. “Oggi è una giornata di ricordo per la nostra città. Esattamente 22 anni fa moriva Giovanni Panunzio ed esattamente un mese fa eravamo qui riuniti per ufficializzare la costituzione della nostra Associazione Antiracket intitolata proprio all'imprenditore foggiano”. Ha esordito così Cristina Cucci, presidente associazione antiracket di Foggia, che ha colto l’occasione per divulgare il numero di telefono 391/1831331 a cui possono fare riferimento tutti gli operatori economici.
QUALCOSA PUO’ CAMBIARE. “Un mese fa, dopo anni di tentativi, tutti insieme abbiamo messo un punto. – ha continuato Cucci - Non un punto d'arrivo, ma un punto di ripartenza per la nostra città e per le nostre attività economiche. Siamo convinti che qualcosa può cambiare ma solo se gli imprenditori, gli operatori economici denunciano. Esistiamo per aiutare chi ha paura, chi è stanco di pagare, chi ha voglia di riprendersi la propria attività economica e lavorare a testa alta”.
L’ASSOCIAZIONE NON E’ UN ALIBI. “La nascita dell’associazione antiracket è stato un grandissimo risultato ma è stato un percorso faticoso. – ha dichiarato Tano Grasso – Non dobbiamo però trasformare questo risultato positivo in toni di esaltazione esagerata perché questo è stato solo un risultato positivo ma il percorso sarà lungo e difficile, siamo in una fase di avvio non di risoluzione. A volte l’amplificazione di un risultato può diventare l’alibi e questa città di tutto ha bisogno tranne che di alibi. C’è una premessa a livello istituzionale e al livello imprenditoriale, ma la stragrande maggioranza del mondo imprenditoriale di Foggia è molto lontana dai nostri discorsi”.
I TERRITORI DEL SUD DA RILANCIARE. “Sono convinta che i nostri territori del Sud vadano rilanciati e il primo passo è la riconquista della legalità. – ha sottolineato Luisa Latella - L’associazione antiracket è stata caricata da una fortissima responsabilità in questa città come se fosse la salvezza ma non è così, perché questo è un primo piccolo passo. Inoltre, non bisogna attaccarsi agli uomini perché passano ma quello che resta è la volontà della città di operare in un certo modo e questo è un’attività di coinvolgimento continuo e costante”.
IL TESTIMONE DI LEGALITA’. “Siamo qui oggi grazie alla Fai e alle istituzioni di questa città per ricordare un testimone di legalità al quale sembra che qualcun altro si stia ispirando. – ha commentato Rosy Bindi – Sono molto contenta che sia nata l’Associazione Antiracket e che a capo ci sia una donna testimone di giustizia, finalmente Foggia si sta svegliando. La situazione continua ad essere critica però crediamo che ricordando Giovanni Panunzio non è soltanto fare memoria ma è assumerci delle responsabilità per il presente e per il futuro”.
LA LOTTA ALLA MAFIA. “Chi non è con noi è comunque contro di noi, chi non è contro la mafia è in qualche modo con la mafia – ha proseguito Bindi - e questo vale per ogni forma di illegalità. Non si matura questo atteggiamento e questa convinta lotta alla mafia proprio perché c’è un’illegalità diffusa che ogni giorno siamo disposti a sopportare. Quando una comunità non è allenata alla legalità finisce con avere atteggiamenti tiepidi anche nei confronti delle forme più odiose di violenza e ricatto. Dobbiamo aprire le scuole allo studio del fenomeno mafioso perché chi nasce, cresce e studia in questo paese non può ignorare che la storia dell’Italia è una storia che è stata scritta e condizionata dalla presenza dei poteri mafiosi”.
IL RICORDO DEL PADRE MODELLO. “Esattamente un mese fa nasceva l’associazione antiracket e da quel giorno è come se fosse iniziato un nuovo anno. – ha dichiarato Michele Panunzio, figlio di Giovanni – E' nato un nuovo tempo in cui la paura lascia il posto al coraggio, la rabbia alla voglia di cambiamento e la tristezza alla speranza. Il sacrificio di mio padre non è stato vano ed inutile perché il suo pensiero e il suo insegnamento si sono concretizzati in qualcosa di reale e grande come l’associazione. Il male e le sofferenze si sono trasformate in un impegno concreto e in una nuova forza che permette di avere fiducia e di credere che possiamo vincere la lotta contro ogni atto mafioso”.
NESSUN ALIBI. “Non siamo più nelle condizioni di 22 anni fa, non possiamo più dire di avere l’alibi della solitudine, della paura e della non speranza, - ha concluso Michele Panunzio - tutti alibi che mio padre avrebbe potuto usare ma che non ha mai usato perché lui era un uomo che non accettava di cedere la sua libertà perché era il bene più prezioso”.

di Redazione 


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