Stampa questa pagina

Greta Thunberg, Bebe Vio, Papa Bergoglio e altri "moralismi" raccontati da Giorgio Montanini

Giorgio Montanini, lo stand up comedian più irriverente del panorama italiano. Nel suo nono monologo “Come Britney Spears”, andato in scena al Teatro dei Limoni di Foggia, mette in discussione l’unico vero baluardo trasversale e condiviso da tutti, quello che tiene in piedi il genere umano: l’antropocentrismo. In Italia quasi il 30% della popolazione è analfabeta funzionale, cioè non è in grado di capire cosa legge (o peggio scrive) In una sola parola: stupido. Un’epoca, la nostra, in cui è il potere stesso a gestire la protesta e tutti dietro. Si pensi alla figura di Greta Thunberg, e a come una ragazzina con la sindrome di Asperger sia diventata leader di una lotta all’inquinamento. Un altro esempio può essere Bebe Vio, la schermitrice campionessa paralimpica di scherma europea e mondiale. Come siamo arrivati dalla scherma alla State Dinner, la famosa cena alla Casa Bianca tra Renzi, Obama e altri esponenti politici? Senza peli sulla lingua, Montanini ha espresso le sue irriverenti opinioni sulla religione, sull’uomo del Ventunesimo secolo e sul sistema in generale, lontano da falsi moralismi con la crudità di linguaggio che lo contraddistinguono.

Perché Britney Spears?
Britney Spears è una cantante di poco conto, cioè la conoscono tutti, ok ma non è Bob Dylan. Britney Spears è diventata famosa subito, era una bambina, è entrata nel vortice del successo, della musica senza aver prima creato una rete di amicizie fidate e figure solide a cui far riferimento. Il risultato è che tutti la seguono, ma nessuno le vuole bene. Britney ha vissuto un momento di buio totale ed è rimasta sola, avrebbe potuto fare la fine di Amy Winehouse o di altri artisti la sfilza dei ventisettenni maledetti. Invece no, lei è tornata in pista più forte di prima. Britney Spears si rialza dal baratro. E questo vuol dire solo una cosa, e cioè che sta rispettando la vita. Sta tutta lì la forza di Britney Spears. Quante persone conosciamo, infelici del proprio status, che continuano imperterriti a sguazzare nella propria infelicità senza mai cambiare nulla. Non mi piace la vita che faccio? cambio tutto. Noi non giochiamo per niente, è troppa la paura di perdere e per questo non giochiamo mai. Dovremmo imparare da lei.

Sei in una traccia dell’album Sindrome di Tôret, di Willie Peyote come è nato questo featuring?
Non conoscevo Willie, non seguivo la scena, ascolto Sud Sound System, Caparezza, insomma altri stili. Guglielmo, il vero nome di Willie, è venuto da Torino e a dirla tutta ho fatto anche una brutta figura. Si è presentato con umiltà, ho riconosciuto subito in lui il valore, così come in Caparezza. Sono onorato di avere dei riconoscimenti, quando arrivano da artisti di valore, che non si sono mai venduti. Artisti come Guglielmo, come Michele (vero nome di Caparezza), hanno sempre avuto la barra dritta. Sono onorato di avere stima da parte loro. “Quella sua maglietta fina, tanto stretta al punto che mi immaginavo tutto” è una presa per i fondelli, non esiste l’arte che parla del bello, dell’amore. L’artista è sempre stato un miserabile che vive la vita tragica, e la porta sul palco. Van gogh non era uno felice. Il capitalismo ha mercificato pure l’arte. Sono al servizio dell’arte  non ho nessun diritto solo, se tu fai l’artista hai dei doveri. Gli artisti non devono avere nessun diritto perchè nessuno li ha chiamati, si può campare anche senza artisti, il mondo è più brutto, ma si campa. Senza un panettiere, senza un muratore, no. Quelli che vantano di essere artisti sono solamente dei paraculi.

Com’è cambiata la figura del Comico, siamo passati da una figura che non faceva altro che esporsi ricevendo in cambio denunce a chi accontenta il pubblico proponendo una versione edulcorata del pensiero comune.
La Satira esiste da anni, non l’ha inventata  Crozza. Crozza è uno showman, fa le imitazioni, fa le vocette, la satira è un’altra cosa, la sua è una gomitata al potere niente di più. Ha fatto per anni copertine per Ballarò, io ne ho fatte due, e mi hanno cacciato. Crozza non è un comico satirico, come non lo è Grillo, come non lo è Benigni. Comicità e politica sono all'antitesi, la politica è l'arte più nobile. La politica è  una persona che si spoglia dei propri interessi e si fa carico degli interessi degli altri, studiando una ricetta che possa essere valida per tutti.  Il comico è il contrario esatto, se ne sbatte di tutti gli altri e parla solo di se stesso, è un’egoista, non può elevare il suo punto di vista a ricetta per il popolo.

Che ne pensi di Benigni?
Benigni è un genio del marketing e del ritmo, prendi Johnny Stecchino per esempio, è un capolavoro. L’artista utilizza un mezzo, Jimi Hendrix quando faceva l'inno nazionale a Woodstock ci metteva l'anima, non suonava e basta, non era mera riproduzione, lui e la chitarra una sola essenza. La risata è un mezzo, non è un fine, per ridere e basta esistono le macchine per il solletico, ne acquisti una e te la ridi.

Tre giornate a Foggia, sold out , com’è essere ospiti in luoghi diversi dal Teatro Brancaccio di Roma in cui ormai sei un habitué.
La verità è che io preferisco venire a Foggia in un Teatro più piccolo e intimo che al Brancaccio. Al Teatro Brancaccio di Roma sono cinque anni che propongo miei show e c’è il sold out, parliamo di  1500 persone, però quello è marketing, è simbolico. Qui c’è lo spettacolo vero, vedi le persone nelle prime file,  puoi prenderli in giro, a schiaffi e l’intera platea si sente partecipe di ciò che accade. In teatri più grandi, propongo uno spettacolo diverso, mi attengo al copione, al Brancaccio, per esempio, l’interazione tra me e il pubblico come lo è stato qui al Teatro dei Limoni questi tre giorni è impossibile. Come punto di arrivo ma non artistico, io qui dentro me diverto. Io è qui che vengo e vado anche al Brancaccio.

Simona Auciello

di Redazione 


 COMMENTI
  •  reload