Il noto settimanale l'Espresso ospita, nel numero in edicola a partire da oggi, un lungo reportage sulla mafia garganica realizzato da Lirio Abbate, uno dei suoi giornalisti di punta che da anni si occupa di criminalità organizzata.
TRENTA OMICIDI. Abbate racconta di come negli ultimi tre anni siano trenta le persone uccise per fatti di mafie e altre tre fatte sparire, ma soprattutto parla di come i Tribunali stiano sottovalutando la gravità della situazione e spesso non riconoscano la natura mafiosa di reati che vengono derubricati a opera di semplice malavita.
COME I CORLEONESI. Per il giornalista la mafia garganica ricorda la nascita di quella di Corleone, guidata da Totò Riina e Bernardo Provenzano, anche in quel caso i mafiosi venivano considerati contadini con le scarpe di fango ma poi pian piano, a forza di omicidi e intimidazioni, sono diventati potentissimi. In particolare si sofferma sulle cosche dei Li Bergolis a
Monte Sant'Angelo, dei
Romito a Manfredonia e dei
Notarangelo a Vieste.
L'ANTIRACKET. Proprio a Vieste, però, è nata un'associazione legata alla federazione nazionale antiracket di Tano Grasso, quest'ultimo racconta di come si stia lavorando per crearne anche a Manfredonia e
Foggia, ma di quanto sia difficile continuare il lavoro di sensibilizzazione se poi un boss come Notarangelo dopo l'arresto viene mandato ai domiciliari a pochi passi dalle abitazioni di chi l'ha denunciato.