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La Piccola Compagnia Impertinente chiude con un tris: il teatro al servizio di arte e musica

In scena ‘Matti da suonare 2.0’

Impertinente, cultura, violoncello e umanità: non sono le parole della ghigliottina di Carlo Conti ma quattro linee guida dello spettacolo “Matti da suonare 2.0”, andato in scena nel week-end scorso.

IMPERTINENTE. Come la Piccola Compagnia di via Castiglione, giunta al termine della terza stagione, che ne ha sancito la crescita costante all’insegna di rappresentazioni serie trattate con la consueta comicità (basti pensare alla pièce “L’ansia di Noè”).

CULTURA. Come il tema fondamentale di “Matti da suonare 2.0”, perché i matti al centro dei racconti e degli ironici duetti tra il direttore artistico Pierluigi Bevilacqua e il violoncellista di caratura internazionale Francesco Mastromatteo (vissuto nove anni a Dallas) non sono altro che grandi musicisti e artisti, emblematici nel segnare le loro epoche ed analizzati anche grazie alla collaborazione della pittrice Tiziana D’Ambrosio. Si va dal pittore francese Henri de Toulouse-Lautrec, affetto da varie patologie che lo portarono a raffigurare il tormento e il degrado della Parigi ottocentesca, ad Arturo Toscanini, indimenticato direttore d’orchestra che nella sua ultima uscita ebbe 14 lunghi secondi di vuoto di memoria ma poi proseguì il concerto come se nulla fosse, passando per Pablo Picasso e arrivando all’arte contemporanea dell’impertinente Maurizio Cattelan, che nel 2010 produsse per il Comune di Milano una scultura monumentale di 11 metri raffigurante un dito medio alzato, di fronte la sede della Borsa (il sindaco scoprì il tema a cose fatte).

VIOLONCELLO. Come lo strumento che Francesco Mastromatteo fa vivere e vibrare durante i suoi brani, tratti da autori molto particolari. Lo statunitense Alan Shulman scriveva per tv e film ma aveva un'ampia produzione colta ed era un eccellente violoncellista. Il brano di Kevin Hanlon, invece, “è scritto per me e ha forti influenze metal (sopratutto i Pantera) ma da un compositore che scrive musica classica, senza disdegnare influenze di altra origine”, ci racconta lo stesso musicista foggiano. Giovanni Sollima lega canti funebri arabi e siciliani a ritmi folk di matrice balcanica e ad elementi di puro funky. Di Bach non c’è bisogno di dir molto se non che rientra perfettamente in questa squadra di “Matti da suonare” per il brano di forti influenze anche extraeuropee (medio-orientali, ebraiche e arabe) scelto da Mastromatteo: una sorta di sintesi di due secoli di musica precedente al 1750.

UMANITÀ. Una musica classica quanto mai moderna dunque, e quanto mai foriera di insegnamenti: l’intercultura musicale degli autori scelti stride fortemente con un’attualità di migranti annegati, dimenticati e ignorati. L’ultimo messaggio dal palco di via Castiglione è per loro, con l’interpretazione di Bevilacqua della preghiera laica composta dallo scrittore Erri De Luca all’indomani dell’ennesima strage nel Mediterraneo. E vien da chiedersi se, in questo caso, i matti sono gli indifferenti o chi continua a indignarsi.

Andrea La Porta

di Redazione 


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