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La rabbia dei richiedenti asilo contro avvocati spilla-soldi e l’attesa dei documenti

Molti dopo il diniego hanno fatto ricorso invano

Prendete il sogno di un migrante che è arrivato in Italia per cercare una vita migliore rispetto a quella che ha lasciato andando via dal suo Paese. Prendete questo sogno e fatelo volare, lievitare, quasi a diventare visibile. Tangibile, possibile. Portatelo bene in alto, fateglielo osservare bene, gustare con lentezza e poi lasciatelo cadere nel vuoto. Fatelo precipitare, rompere, distruggere. Perché quello che accade ai richiedenti asilo che arrivano in Italia con il sogno di un futuro migliore, è molto simile a questa immagine. A milioni partono dai loro Paesi per i motivi più diversi. Fame, persecuzioni, guerre, povertà, miseria. Secondo il Dossier Statistico sull’Immigrazione 2012 presentato proprio ieri da Caritas/Migrantes, lo scorso anno 37.350 persone hanno presentato richiesta di asilo in Italia. Sono sbarcate sulle nostre coste in cerca di fortuna, di libertà, di occasioni di riscatto. Storie dalle più diverse, ma tutte con un unico obiettivo: ottenere lo status di rifugiato politico o qualche altra forma di protezione umanitaria.

L’ITER - La domanda viene presentata dai richiedenti asilo alla Polizia di Frontiera o alle Questure, ed in questo modo il migrante ottiene un permesso di soggiorno per richiesta d’asilo. A quel punto, comincia l’attesa. Che può essere lunga, estenuante. A Foggia i richiedenti asilo vengono ospitati presso il Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo (CARA) di Borgo Mezzanone. E sempre qui è presente una delle Commissioni Territoriali chiamata ad ascoltare il richiedente asilo, capire la sua storia, i motivi della sua richiesta, esaminare l’istanza e pronunciare il verdetto che potrebbe cambiare per sempre il destino di un individuo. Se la Commissione Territoriale accetta la domanda, allora il richiedente, a seconda delle circostanze, beneficerà dello status di rifugiato politico o della protezione umanitaria; viceversa, in caso di diniego il richiedente asilo ha due opzioni: lasciare il Paese o fare ricorso.

IL RICORSO COSTA - Chi si orienta per la seconda soluzione può presentare ricorso contro la decisione di prima istanza davanti al Tribunale amministrativo federale. Ed è qui che cominciano altri problemi per i migranti. Ed è qui che molto probabilmente si nascondono le ragioni della protesta che questa mattina hanno portato numerosi migranti del CARA a manifestare sotto il palazzo della Prefettura di Foggia. Perché si sentono raggirati, imbrogliati, da uno Stato che anziché dare risposte adeguate e nei tempi giusti li lascia nell’oblio, privi di certezza e garanzie. C’è chi attende di sapere che fine ha fatto la sua domanda, chi è in attesa dei documenti e chi denuncia senza remore di sentirsi truffato dagli avvocati. Perché chi riceve il diniego e si affida ad un avvocato per fare ricorso deve cacciare minino 300 euro solo per avviare la pratica.

AVVOCATI SPILLA SOLDI? - Trecento euro. E a volte anche di più. E siccome parliamo di migranti scappati dai loro Paesi a causa di guerre, povertà e miseria, è facilmente intuibile pensare che non abbiano i 300 euro per pagare gli avvocati e le spese legali. Ed allora, come succede a Foggia, i migranti per racimolare qualche soldo si inventano qualunque cosa: chiedono l’elemosina ai semafori, aiutano a portare i carrelli delle spesa all’Ipercoop, lavano i vetri delle auto. Tutto, pur di mettersi in tasca qualche soldo. Perché l’avvocato lo devono pagare, anche se l’avvocato sa bene che la maggior parte dei richiedenti asilo che ricevono il diniego dalla Commissione sono privi dei requisiti per ottenere lo status di rifugiatio. Di conseguenza, potrebbe tranquillamente consigliare di evitare di fare ricorso e di risparmiare i soldi. Ma questo, spesso, forse troppo spesso vista la (pacifica) manifestazione di protesta di oggi, non succede. “Ho pagato 200 all'avvocato per la pratica dei documenti” ha detto uno dei manifestanti. “Io ne ho pagati 500” ha proseguito un altro. Anche se poi in tanti si vedono confermare il diniego dal Tribunale dopo il ricorso. Di qui, forse, la necessità che la Croce Rossa in qualità di ente gestore del CARA, rafforzi lo sportello di orientamento legale per evitare che i migranti paghino dei soldi a vuoto. E si sentano traditi, imbrogliati, spaventati. Perché una volta andati via dal CARA senza neanche uno straccio di protezione in tasca, il migrante corre il serio rischio di finire nella clandestinità, nell’irregolarità. Ad un passo dall’emarginazione sociale e lavorativa che potrebbe trasformarlo in un nuovo invisibile.

di Redazione 


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