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Macchemusica/Alessandro Porcelli, dal discorso di Steve Jobs sull'unire i punti all'Ep ufficiale su Spotify

Alessandro Porcelli, ventiquattrenne di Molfetta. Il lavoro sui pezzi e la scrittura degli stessi è nata come necessità, il bisogno di far uscire una parte non emersa del proprio essere. Da sempre affascinato da personalità geniali e dal loro riuscire ad emergere nonostante le più disparate condizioni sociologiche ed economiche. Da un discorso famoso, quello di Steve Jobs, è partita la miccia che ha fatto scattare la stesura dei brani che compongono l’Ep Connecting the Dots. Partecipa e vince con Paola Sallustio, al Laudes, Contest musicale organizzato a Canosa da Carlo Gallo della music art management. Vince col brano La paura di Lottare.

L'INTERVISTA. Chi ti ha aiutato nella scrittura di questo Ep? I suoni, i testi, hai fatto tutto solo?
 Si, con orgoglio posso dire che ho fatto tutto da solo, tutti i suoni che ci sono all’interno dell’Ep, sono stati creati da miei nel mio studietto, molto carino.
Come mai hai deciso di inserire pezzi solo strumentali?
Credo che alcune sensazioni non si possano spiegare o meglio non si riescano a spiegare con le parole, qualsiasi parola sarebbe risultata banale rispetto al concetto che volevo arrivasse. Ho preferito così esprimere le sensazioni a livello sonoro. La progressione, il tormento, poi un sollievo.
Parlaci del brano omonimo al titolo del disco.
Connecting the dots è un capitolo di vita inserito nel discorso fatto da Steve Jobs all’Università di Stanford. Egli divide la sua vita in tre fasi, la prima è, appunto, unire i punti, in questa canzone ho creato dei punti attraverso la musica, punti che vengono poi collegati dalla chitarra distorta. Come linee unite che creano fasci di luce, esattamente come l’aurora boreale in copertina. 
Com’è nato questo progetto?
La musica è sempre stata un mio rifugio. Una sera un amico decide di venire da me nel mio studio, il luogo dove mi isolo per comporre e registrare, e insieme abbiamo abbozzato alcuni brani, quella stessa notte, ho deciso di continuare il lavoro. In Tape one, la prima traccia, quello che parla è Steve Jobs, una piccola parte del suo discorso all’ Università di Stanford durante la cerimonia dei ragazzi, quell’occasione era la cosa più vicina ad una laurea che lui avesse mai visto, lui mai laureato anzi ha continuato ad andare per 18 mesi all’università dopo averla lasciata, e nella traccia il discorso termina con una domanda “perché ho lasciato tutto”. Ho deciso di cominciare con questa sua frase perché come ha illuminato me quella frase, ho trovato molto forte il concetto dell’Unire i punti come lo intende lui “non è possibile unire i punti guardando avanti, potete unirli solo guardandovi all’indietro”.
Chi ha disegnato la copertina?
La copertina è stata creata da una disegnatrice Clara Yazdan, le ho dato qualche riferimento su cosa volevo: un ragazzo su un ponte, sotto al cielo, davanti a sè un’aurora boreale, volevo che rendesse l’idea del "walking on my mind" camminare al di sopra della mente.
Di cosa parla il brano Inferno?
Questo brano solo strumentale, rappresenta un episodio tormentato, dal titolo si può evincere. Ho conosciuto una ragazza fragile, impaurita, non riusciva a fidarsi di me, non riusciva a lasciarsi andare, aveva paura del mondo. Questo brano rappresenta le relazioni tossiche, e quanto sia sottile la linea che separa, lo stare bene con qualcuno e allo stesso tempo la difficoltà di restare lucidi in occasioni di ghosting e sfiducia. L’ inferno era quello che mi trasmetteva, tutta l’ansia che percepivo durante le notti insonni sono diventate musica.
(Simona Auciello)

di Redazione 


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