Visite guidate, prodotti tipici, artigianato locale, concerti e danze folk per lo storytelling di una minoranza linguistica. È quanto visto nell’anteprima di “Matria. Le lingue di ieri, di oggi, di domani”, programma regionale che valorizza le lingue minoritarie storiche in Puglia: arbëreshë, griko salentino e francoprovenzale dauno. Quest’ultimo di scena qualche giorno fa a Faeto: “Rappresentiamo un unicum nel centro-sud Italia, vogliamo gridare a tutti che esistiamo. Ringrazio la Regione che tesse con noi un filo diretto, le minoranze linguistiche sono una risorsa”. Così il sindaco Michele Pavia ha aperto la tappa inaugurale della 2^ edizione, con i vertici dell’Istruzione regionale, Marella Lamacchia e Cristina Sunna, e con il responsabile dell’Ufficio progetti del Teatro Pubblico Pugliese, Lino Manosperta.
PRESERVARE LE ORIGINI. Nella festosa domenica di orgoglio identitario, sul tetto mozzafiato più alto e verde di Puglia, a dir poco caleidoscopico il mosaico narrativo dipanatosi sulle affascinanti radici faetane, troppo poco note e ora, grazie a “Matria”, oggetto di studio in primis per le giovani generazioni locali. “Così si combatte lo spopolamento", riflette prima che inizi il tour l’assessore comunale al Patrimonio, Giovanni Marella: “Vogliamo preservare e promuovere le nostre origini. ‘Matria’ oggi ci consente di inaugurare uno spazio fotografico permanente (per cui si prevedono visitatori persino dall’America e che racchiuderà la civiltà contadina featana in scatti dai primi del ‘900 a oggi: foto realizzate (o salvaguardate) da Aldo Genovese, alias “la memoria storica di Faeto”, ndr). La nostra cultura popolare è prettamente orale – spiega Marella -, perderla per noi sarebbe come l’incendio della Biblioteca di Alessandria d’Egitto. Questi eventi ci aiutano a lottare contro l’abbandono”.
LA MISSION. La principale mission di “Matria”? Stimolare gli studenti delle minoranze linguistiche affinché il patrimonio di cui sono eredi non muoia, affinché ne diventino ambasciatori. Topic “politico” attuale, che riguarda il rispetto per le differenze e la pacifica convivenza tra le diversità: princìpi tutelati dalla Costituzione italiana e “considerati essenziali anche a Bruxelles”, farà notare Sunna, che segue “Matria” da vicino. L’assessorato regionale all’Istruzione, dunque, ha affidato al Tpp la realizzazione di attività culturali per la promozione della minoranza linguistica francoprovenzale nei comuni di Faeto e Celle San Vito (prossima tappa di “Matria”), permettendo alle iniziative di evadere dai confini locali. E qualcuno, ora, già sogna per la Capitanata e la Puglia reti tra comunità a minoranza linguistica per aprire il sipario su un immenso museo etnografico a cielo aperto.
FAETO CITTA' APERTA. Marella, d’altronde, tratteggia l’appeal di Faeto: “Città aperta – sottolinea -. Qui più feste all’anno richiamano storia e tradizione locali. Il faggio è tra i nostri simboli. Abbiamo una natura di interesse comunitario e tesori storico-archeologici. Siamo un po’ sanniti, un po’ celti, un po’ romani: l’Appia Traiana passa da qui; apparteniamo alla Via Francigena; di qui sono passati San Paolo, San Pietro, San Francesco, i crociati, i cavalieri teutonici, i briganti, l’eresia valdese. Qui c’è l’Università francofona del sud Italia e l’8 luglio festeggiamo, con una rievocazione storica, la nascita di Faeto a partire dall’editto di Carlo d’Angiò”. Il regnante francese che nel 1269 inviò 200 soldati e 700 uomini per ricostruire il Castrum Crepacordis (Castello di Crepacuore) e difendere il territorio dagli aragonesi: da quel nucleo, che passerà per i monasteri di Santa Maria e San Salvatore del Faggeto, nascerà Faeto e la sua cultura francoprovenzale. Una storia illustrata al pubblico prima in “vernacolo” e poi in italiano, all’ombra della Chiesa madre, dai bambini dell’Istituto scolastico “Virgilio–Salandra” (protagonisti dei laboratori attivati da “Matria”, guidati dalle esperte Antonietta Meola e Maria Antonietta Cocco). Deliziosamente vestiti d’epoca anche i piccoli studenti che hanno rappresentato gli antichi mestieri in scenette come “U Fuore” (“Al Forno”), con la “faetanella” che, all’uso del tempo, vi si reca a prendere il lievito madre per impastare; in un paese in cui oggi, purtroppo, “a causa della massificazione economica”, dirà ancora Marella, ha chiuso i battenti anche l’ultimo forno. Con buona pace di Orazio Flacco, che, passando per queste lande, anticamente ebbe a dire: “Qui si fa il pane più buono dell’Impero”.
IL PROGETTO MUSICALE. Ad arricchire la piattaforma laboratoriale: il progetto musicale sulle antiche canzoni francoprovenzali, con il live della storica Corale Nuova Provenza, diretta da Giulia D’Aloia: “Prima pensiamo in provenzale, poi traduciamo in italiano”, dirà un componente del coro, cui, per “Matria”, si sono uniti in canto i ragazzi delle medie; la mini redazione scolastica per il giornalino illustrato con al centro la storia in lingua di Faeto, in collaborazione con la Direzione didattica Lambert Alta Valle Susa e la sua docente Ingrid Giors, che a settembre porterà gli studenti piemontesi (anch’essi di cultura francoprovenzale) in gemellaggio su questo pezzo di Monti Dauni. Sintomo della progressiva espansione di ‘Matria’ oltre il Tacco d’Italia: e per la 3^ edizione già si parla di “una ‘Matria’ a 5 minoranze linguistiche”, diranno dal Tpp.
IL TOUR. Nel frattempo, il borgo dauno incastonato nel Bosco Difesa si è popolato di una folta carovana di visitatori - tra cui un pullman da Bari –, compiaciuti dal labirinto di conoscenza a tappe proposto dal progetto e dai principali siti del patrimonio faetano: il Mulino d’epoca della Famiglia Pirozzoli (pezzo unico, per caratteristiche, nel Mezzogiorno; “era un po’ come i mass media di adesso, le donne qui portavano il grano nel grembiule e condividevano racconti nell’attesa della farina”, racconterà la figlia del mugnaio; poi la sosta alla croce più antica del paese; e la visita a Casa del Capitano (del XV secolo, con una bifora di pregio vincolata), che ospita il Mucivite e i tesori, dalla Preistoria al Medioevo, estratti dalle viscere della Valle del Celone. E ancora il tour delle suggestive botteghe artistiche locali (di Leonardo Scarinzi, Vito Moreno e Antonio Melilli). Infine, per la gioia del palato, la “pizze uente” e il prosciutto nero di Faeto, famoso nel mondo: pietanze regine nel percorso di gusto offerto agli astanti, insieme a “fagioli e cicoria” della bottega dei legumi Tangio.
Tutti pezzi di un puzzle identitario cui non può mancare il parroco-ristoratore (unico nel suo genere) di Sapori di Provenza: il servizio di don Antonio - apprezzatissimo dai forestieri - è gioviale; e poi sa dire messa in francoprovenzale, ama stare in mezzo alla gente e non cambierebbe mai l’aria fresca (e spirituale) di Faeto.
LE DUE MINORANZE LINGUISTICHE. “Matria” realizza prodotti finali replicabili e divulgabili, e ha aperto, in segno di fratellanza tra minoranze linguistiche, con i variopinti canti arbëreshë interpretati dagli studenti di Casalvecchio di Puglia (Istituto “Mandes”), guidati dall’Ensemble Muzikore del Centro studi Skander e attesi sul palco della Notte della Taranta proprio grazie al progetto regionale (mentre la promozione del griko salentino e delle sue comunità è affidata ad Apulia Film Commission, che produrrà un film-documentario).
Terra natìa, sogno lontano: è il trait d’union tre le due minoranze dei Monti Dauni presente anche nei canti del gruppo folk Le Faitare, che hanno generosamente accompagnato tutta la manifestazione; o nel racconto di Duilio Paiano, giornalista e autore di “Utopia. Il naufragio della speranza”, una storia vera, alla Titanic, che segnò l’immaginario della comunità faetana, dove diverse furono le vittime che inseguivano il sogno americano ma trovarono la morte nel naufragio: nomi oggi ricordati nel bel monumento posto “a prua” del belvedere del paese, con il cielo blu a picco sul borgo e il mare all’orizzonte.