Gestivano tutta la filiera di parti di auto rubate, avevano perfino un caveau per le centraline
La Polizia Stradale di Bari ha dato esecuzione a dieci ordinanze di custodia cautelare in carcere e domiciliari nei confronti di altrettanti individui residenti nella provincia di Foggia.
LE AREE COINVOLTE. L’attività investigativa, diretta e coordinata dalla Procura della Repubblica di Foggia, ha determinato l’acquisizione di gravi indizi in ordine alla sussistenza di una associazione a delinquere radicata nei territori di Cerignola, Stornara e Ortanova, dedita alla ricettazione ed al riciclaggio di veicoli e parti di ricambio.
I NOMI. Le persone arrestate sono Direda Nicola, nato nel 1971; Gadaleta Giovanni, nato nel 1983; Kadar Erjsike Edit, nata nel 1992; Makukh Roman, nato nel 1983; Musicco Saverio, nato nel 1969; Nita Constantin Mihai, nato nel 1981; Sgaramella Francesco, nato nel 1994; Todisco Francesco, nato nel 1979.
I CONTROLLI. Le indagini hanno avuto inizio nel mese di giugno 2019 durate circa tre mesi, sono scaturite dalle attività di polizia amministrativa presso le autodemolizioni abusive insistenti in quel territorio. Le investigazioni, che si sono sviluppate avvalendosi di intercettazioni telefoniche ed ambientali, nonché delle tradizionali tecniche di pedinamento ed osservazione, hanno consentito, oltre al recupero dei beni, la compiuta identificazione dei rei ai quali era demandato un “ruolo” all’interno della compagine associativa; a capo dell’organizzazione il cittadino italiano ventisettenne riconosciuto dai sodali come il “capo” ed il connazionale trentottenne detto “il meccanico”; Ad un cinquantreenne erano demandati i compiti di addetto alla logistica ed intestatario di box e capannoni da adibirsi a depositi ed aree di smontaggio;
LA FILIERA. Infatti, la consorteria, che si avvaleva anche di cinque cittadini stranieri tra cui due coniugi, gestiva l’intera filiera economica dell’illecita attività a partire dall’acquisto dei veicoli rubati dalle cd “squadre” operanti sul territorio, per continuare con lo smontaggio e lo smembramento degli stessi, lo stoccaggio e la prezzatura delle singole parti e per concludersi con la vendita diretta ed on line dei ricambi anche sul mercato internazionale. In questo contesto si distinguevano: un trentenne detto “lo zingaro”, trasportatore dei veicoli rubati o delle parti rubate (specie nella Bat) e “scortato” dalla moglie; ad un certo “Alì” cinquantottenne era affidato il ruolo di custode, magazziniere e corriere al dettaglio dei ricambi riciclati, mentre il trentottenne, detto “biondo”, è risultato il primo consulente e fiancheggiatore del “Capo” nel suo ruolo di contabile ed intermediario con il mercato estero est europeo. Ad altri malviventi, destinatari anch’ essi di misure cautelari, sono stati contestati solo dei singoli reati.
IL CAVEAU. Singolare è stato poi il rinvenimento, avvenuto durante alcune perquisizioni, di un vero e proprio caveu protetto da porta telecomandata, all’interno del quale erano custodite le componenti di ricambio più delicate e costose (centraline e altra componentistica elettronica) e la scoperta di un autentico libro mastro nel quale erano annotate le quantità ed i prezzi dei pezzi commercializzati sia sul mercato estero (con particolare riguardo alla Polonia) che in quello locale, per un giro di affari complessivamente stimato in oltre 100 mila euro mensili.
GLI STRANIERI. Altrettanto singolare si è rivelata la scoperta di una affiatata cooperazione internazionale interna al gruppo criminale, nell’ambito della quale i cittadini stranieri, avevano compiti di estrema responsabilità in collaborazione con i già citati coniugi. Infatti il gruppo straniero si occupava non solo della guardiania dei depositi dei ricambi e del trasporto con staffette dei componenti dai siti di smontaggio a quelli di stoccaggio, ma anche di una sorta di controllo di qualità sui pezzi da immettere sul mercato, che venivano ripuliti definitivamente di ogni apparente etichetta che potesse ricondurli ai veicoli di appartenenza rubati.
I BENI CONFISCATI.Al termine dell’operazione, per la quale sono stati impiegati circa 80 uomini, nei confronti degli indagati è stato anche notificato un Decreto di Sequestro Preventivo di Beni finalizzato alla confisca, per un controvalore di circa 270 mila euro.
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