Alluvione San Marco, l’Ordine dei Geologi: “Lavorare per mitigare il rischio idraulico ed idrogeologico”
L'intervento dopo i danni nel paese garganico
Dopo l’alluvione che ha colpito San Marco in Lamis interviene l’ordine dei Geologi di Puglia. “Circa 240 mm di pioggia - scrivono i tecnici - si è abbattuta in poche ore sul territorio cittadino creando forti disagi e facendo emergere problematiche mai assopite. Un evento che segue altri episodi registrati nei giorni scorsi in altre zone del Gargano e della regione Puglia.
DAL 2014. Sono trascorsi solo pochi anni - affermano in una nota - dall’evento alluvionale del 2014 che ha fatto registrare alcune vittime sul Gargano... ma allora, cosa è cambiato? Poco anzi pochissimo, avverte l’Ordine dei geologi della Puglia, visto che molti progetti di messa in sicurezza non sono ancora partiti. E così ci ritroviamo ad affrontare una nuova emergenza con le piogge che hanno interessato un territorio che seppur solido con affioramenti di terreni rocciosi rappresentati da calcari quindi materiali lapidei resta comunque, come per gran parte dell’Italia, un territorio fragile".
LE CAUSE. “E dietro emergenze come il dissesto idrogeologico - proseguono i geologi - ci sono diversi fattori predisponenti: il disboscamento, causato anche da incendi come quello registrato solo alcuni giorni addietro nei comuni di Vico del Gargano e Ischitella in provincia di Foggia; l’assenza o la scarsa manutenzione dei corsi d’acqua e dei principali impluvi; le mancate manutenzioni delle infrastrutture quali strade, acquedotti, fognature che spesso diventano elementi di amplificazione e/o di innesco di fenomeni di frane; l’inefficiente azione di controllo sulla geomorfologia e l’idraulica di tutto il territorio regionale. Oggi, anche per effetto dei cambiamenti climatici in atto, si verificano sempre più spesso piogge copiose di gran lunga superiori ai massimi storici registrati dalla rete pluviometrica, piogge che trovano terreni fortemente impermeabilizzati con scarsa capacità di infiltrazione. E’ di questi giorni la pubblicazione dell’ultimo Rapporto sul consumo di suolo a cura dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) che annovera la Puglia, con +493 ettari consumati nell’ultimo anno, una delle regioni a maggior consumo di suolo".
MITIGARE IL RISCHIO. “Bisogna prepararsi - continua l’intervento - a mitigare il carico sul territorio adeguando la politica di gestione della risorsa e questo a partire dall’adeguamento dei Piani di protezione civile comunale. E per far questo resta necessario sopperire all’annoso problema della mancanza di geologi dipendenti nel settore pubblico con una Puglia che è tra le regioni italiane a non disporre di un Servizio geologico regionale e che invece necessiterebbe, per il delicato equilibrio idrogeologico nel quale versa il suo territorio, della figura del “geologo di zona”. Andrebbe quindi individuata, negli organi tecnici della Regione, la sede presso cui far ruotare l’iter di pianificazione, programmazione e controllo degli interventi per la difesa del suolo potenziando gli uffici con professionalità specifiche (geologi, forestali, etc.). Risulta necessaria una riprogrammazione della mitigazione del rischio idraulico ed idrogeologico a scala di bacino idrografico non con l’esecuzione di interventi spot, spesso affrontati senza nessuna connessione fra loro. Un lavoro di pianificazione che implica l’urgenza di studiare i bacini idrografici, monitorare le aste torrentizie ed i versanti e programmare le spese d’intervento su dati certi”.
COINVOLGERE I GEOLOGI. "Importante è quindi - concludono i geologi - attivare presìdi pubblici sul territorio istituendo il fascicolo di manutenzione dello stesso che dovrà prevedere il coinvolgimento del geologo sin dalle prime fasi della pianificazione territoriale. Necessario è quindi educare e sensibilizzare i cittadini, a partire dalle scuole, insegnando loro come comportarsi durante le situazioni di allerta e di emergenza, scongiurando cattivi comportamenti e imponendo la conoscenza dei Piani comunali di protezione civile troppo spesso tenuti chiusi nei cassetti".
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