Dolcetto o scherzetto? No, grazie. Né l’uno né l’altro. Ad Orsara – la terra dello chef Beppe Zullo e non solo – non passa lo straniero. Anzi, l’americano. Meglio “i falò e le teste del purgatorio”, come nella traduzione letterale della vera festa del 1° novembre, giorno di Tutti i Santi: Fucacoste e cocce priatorje.
L’EVENTO E L’ATTESA. Più o meno religioso, più o meno profano, decisamente seguito e amato da orsaresi e foggiani in genere, ma anche da viaggiatori e appassionati che decidono di pernottarvi proprio in occasione della festa, la ricorrenza del 1° novembre è tra le festività più antiche e suggestive del Mezzogiorno. La notte del primo giorno di novembre è quella clou, dove al culto dei morti, realmente sentito dagli abitanti di Orsara, si associano quegli elementi che hanno reso celebre questa ricorrenza: il fuoco, la condivisione del cibo, gli spettacoli folk e le performance degli artisti di strada. Nello specifico, l’evento, come ogni anno, comincerà dal mattino con l’attivazione dell’Infopoint a disposizione dei visitatori e delle visite guidate. “Per goderne appieno il significato e le mille suggestioni, viverne l'attesa, il fermento e la preparazione – fa sapere il Comune di Orsara, in una nota ad hoc – l'ideale è arrivare in paese molto prima dell’accensione dei falò: questo permette anche di agevolare il compito dei volontari e delle forze dell’ordine impegnate a dare indicazioni e a regolare il flusso e la sistemazione delle automobili nelle aree di parcheggio”.
HALLOWEEN? NO GRAZIE. Innanzitutto, l’antica festività celtica – quella che tanto piace agli americani e che trae origine, spesso a loro insaputa, proprio dalle credenze dell’antica Irlanda – si festeggia il 31 ottobre e non il 1° novembre. In secondo luogo, come tiene a far sapere l’amministrazione comunale, ma anche ogni orsarese che ami il proprio territorio, l’evento del Fucacoste ha a che fare con la fede religiosa, simboleggiata dai falò, dalla luce, con il ricordo dei defunti e con il gusto della condivisione e della comunione, evidenziata dallo scambio di cibo tra vivi e, secondo alcuni, anche tra vivi e morti. La preparazione delle “cocce priatorije”poi, già riscontrabile in questi giorni, è solo una delle incombenze da assolvere: gli orsaresi accatastano per giorni il legname necessario a preparare il falò. Completano l’opera, il vino e le pietanze cosiddette povere, ma nutrienti e figlie del territorio. E, naturalmente, le zucche: esposte in giro per il paese e lavorate in modo creativo.