Con la prova concorsuale di oggi – lettere latino e greco per liceo classico – si chiude il primo giro di preselezione al T F A, che ha visto protagonista anche l’ateneo foggiano, al pari delle altre sedi d’Italia. Nella mattinata di ieri invece, mercoledì 25 luglio, si è tenuta una delle prove più attese e con il maggior numero di iscritti e, anche, di posti disponibili: quella per le classi di concorso A043 e A050, accorpati in un’unica prova, rispettivamente per l’insegnamento delle materie umanistiche negli istituti di primo e di secondo grado (medie e superiori).
DOV'E' LA FREGATURA?. Un solo test, due concorsi, due tassazioni differenti. Ma, soprattutto, una sfilza di domande quanto meno discutibili, calate dal ministero (“dall’alto e senza una logica”, secondo il prof. Giovanni Cipriani intervistato su Foggia Città Aperta) e scelte non si sa con quale criterio preciso, dove ancora una volta le date e gli aspetti puramente mnemonici – quelli ormai da anni banditi da tutte le metodologie scolastiche – hanno rappresentato il grosso della prova concorsuale.
A Foggia insomma, come negli altri atenei d’Italia, va di scena lo scibile umano, con domande miratissime che partono dalla fine della Guerra del Peloponneso (a proposito, la risposta esatta era 404 a.C. ) alle opere di Baricco, inserito quasi per grazia nel novero delle 60 domande.
I CANDIDATI DI FOGGIA. A via Caggese, nell’Aula Magna, la tensione si tocca con mano ma ancor più consistente, sembra essere un certo scoramento generale, il quale rende particolarmente allegra o serena la platea degli aspiranti insegnanti. Il problema è che molti dei presenti hanno già subìto lo smacco della prova di latino, risalente ad una decina di giorni addietro, con tanto di domande formulate in modo errato dal Ministero – sbagliare un’opera di Dino Buzzati: ma si può? – e la convinzione, è che anche questa volta il test avrà quale unico obiettivo quello di sbarrare la strada agli ultimi utopisti dell’insegnamento, rispedendo al mittente sogni, sacrifici e studi.
“Abbiamo pagato due volte per fare un solo test e lo stesso giorno – dice un’insegnante precaria un po’ avanti con l’età, forte anche dei propri anni di esperienza già maturati nel mondo della scuola – e poi che cosa credono? Che insegnare alle medie sia la stessa cosa che insegnare alle superiori?”. La domanda è legittima, ma resta sospesa nell’aria. Come i rimbrotti della sicurezza, chiamata a tenere a bada il malcontento e la propensione degli aspiranti a cercare in gruppo, con suggerimenti e scambi di idee, la soluzione ad alcune delle domande più difficili. Nell’Aula Magna della Facoltà di Economia di Foggia infatti, non è difficile scambiare due parole con il vicino, è addirittura possibile copiare, aiutarsi, “allungare l’occhio”: i candidati sono tutti accorpati uno accanto all’altro, quasi scomodi. Il problema è che a molte, moltissime domande nessuno è in grado di avanzare una risposta. A complicare il gioco, ci sono una ventina di versi sparsi per il test, lanciati nello spazio e colti tra le innumerevoli stelle della letteratura di sempre e che quale risposta richiedono l’opera precisa, la data, il corpus poetico, da intuire tra diverse raccolte le quali, com’è noto, nel corso della carriera poetica di ogni autore subiscono continui accorpamenti, aggiunte, sottrazioni e modifiche (e non si parla di San Martino e Pianto Antico).
I QUESITI. Le domande insomma, sono “da wikipedia” – come ha ironizzato qualche docente illustre – e basate su un nozionismo iperspecialistico assolutamente poco discriminante secondo il parere di tutti, almeno ai termini dell’insegnamento. Della Pace di Westfalia si pretende la data esatta, ma non cosa sia, cosa abbia significato, tra chi è stata stipulata. Del “Sillabo” di Papa Pio IX si richiede l’enciclica precisa, “il nome e cognome”, piuttosto che il contenuto. E delle Guerre Napoleoniche, la data esatta della battaglia di Ulm (a proposito, scriverlo italianizzato, ossia Ulma piuttosto che Ulm, sarebbe stato più corretto oltre che più pertinente al test) sembra essere un elemento imprescindibile, a differenza delle ben note e “quasi noiose” campagne d’Egitto, d’Italia e di Russia. Senza contare, infine, le domande da quiz televisivo: Kampala capitale dell’Uganda e quale di quattro nazioni non confina con lo Zambia.
Al termine della prova, i candidati sono piuttosto incerti e delusi, pochi cercano le risposte sui taccuini, molti preferiscono cambiare aria. “Di alcune domande, non sapevo nemmeno di cosa si parlasse” dice qualcuno, e qualcun altro condivide. La situazione sembra essere quella di una fregatura, come quando la band del cuore cancella la data del concerto lo stesso giorno e fuori ai botteghini dello stadio si legge che non è previsto rimborso. O gli aspiranti insegnanti sono tutti asini (cosa possibile secondo la Gelmini) o, all’inverso, qualcosa lassù non ha funzionato – e il riferimento non è di certo all’Onnipotente