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Tre minorenni ridotte in schiavitù e costrette a prostituirsi: fermata un'intera famiglia di aguzzini

Pronti a vendere anche il bimbo in grembo ad una delle ragazze

Erano di fatto divenute schiave di un'intera famiglia di aguzzini che le costringeva a prostituirsi segregandole all'interno di alcune baracche del campo di via San Severo e picchiandole selvaggiamente. Una delle tre ragazze minorenni vittime di tale orrore è riuscita a fuggire permettendo alle forze dell'ordine di arrestare i responsabili, due dei quali anch'essi di età inferiore ai 18 anni.

GLI ARRESTATI. La squadra mobile della questura di Foggia, in esecuzione del decreto della procura della Repubblica di Bari, D.D.A e dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Bari, ha arrestato lo scorso 30 novembre sei soggetti (di cui quattro maggiorenni e due minorenni), domiciliati presso il campo rom di Foggia, sito in via San Severo accusati di delitti pluriaggravati di riduzione e mantenimento in stato di servitù, induzione e sfruttamento della prostituzione minorile e sequestro di persona. Si tratta dei coniugi Febronel Costache e Poenita Chiriac, di loro figlio maggiorenne Solomon Costache e della sua compagna Mariana Raluca Iovanut e di altri due figli minorenni S.D. e D.I.

LE RAGAZZE RESE SCHIAVE. Le vittime accertate risultano essere tre ragazze, di età tra i sedici e i diciassette anni, tutte appartenenti a nuclei familiari disagiati che erano state condotte nel campo con l'inganno e l’impiego degli stratagemmi più vari. All'interno del campo, erano state di fatto segregate all’interno di alcune baracche lì presenti, chiuse dall’esterno con una catena ed un lucchetto, picchiate continuativamente per più giorni per piegare le loro capacità di reazione e costrette a prostituirsi sotto il diretto controllo dei loro aguzzini.

LA FUGA. L’indagine nasce dalla fuga di una minorenne, avvenuta nella notte del 3 settembre 2018 dal campo rom di Via San Severo, la quale era riuscita a fuggire dopo essere stata selvaggiamente pestata con calci, pugni, schiaffi e cinghiate, sferrati in ogni parte del corpo, sulla faccia, sulla pancia e dietro la schiena, nonché trascinata per i capelli, facendola strisciare per terra, all’interno della baracca nella quale veniva segregata, da uno dei fermati, identificato proprio nel minore S.D.. La minore in quell'occasione aveva chiesto aiuto ad alcune persone che occupavano un vicino accampamento le quali hanno allertato la polizia e il 118.

LE INDAGINI. Nel corso delle indagini, l'ascolto di una delle vittime è stato decisivo anche per il riconoscimento fotografici degli autori dei delitti. Successive attività di sopralluogo svolte, gli accertamenti tecnici sui telefoni e l’esame dei social network hanno poi consentito di accertare le ipotesi di reato in contestazione fornendo uno spaccato di cui si ignorava l’esistenza nel nostro territorio, di una delle nuove forme di “schiavitù moderna”, costituita dalla riduzione e dal mantenimento in stato di schiavitù di giovani straniere, per lo più sole e non in contatto con la famiglia, tutte minorenni da adibire al mercato della prostituzione, direttamente controllato dagli stessi fermati.

I FATTI. E’ stato accertato, infatti, che nessuna delle vittime poteva scappare dal campo, essendo controllata 24 ore al giorno, sia durante la permanenza nel campo attraverso la segregazione nelle baracche, sia durante gli spostamenti dalla baracca, che avvenivano sotto il diretto controllo degli uomini del gruppo criminale e delle donne, fino alla SS 16 (direzione Lucera, posto a circa duecento metri dallo svincolo per Via San Severo), in cui erano costrette a prostituirsi, dopo essere state accompagnate in automobile dagli indagati fermati. Gli arrestati in maniera costante e brutale facevano uso della violenza e delle minacce, ma anche approfittavano delle condizioni di inferiorità fisica e psichica delle vittime connesse alla loro minore età ed alla loro condizione di cittadine straniere, sole sul territorio italiano e prive di qualcuno che reclamasse la loro scomparsa e per di più senza mezzi ( è stato accertato che i fermati, una volta condotte le minori nel campo, le privavano dei telefoni cellulari e dei documenti).

I RUOLI. Il capofamiglia, Febronel Costache detto Bal Parno era in posizione di supremazia rispetto ai restanti membri del gruppo criminale e coordinava e controllava l'attività di prostituzione delle tre minorenni. A lui spettava la metà dei proventi dell'attività di prostituzione che la sua compagna Poenita Chiriac detta Poiana riscuoteva in prima persona. I due organizzavano l'attività di meretricio procurando alla vittima i preservativi. La donna, inoltre, garantiva la prosecuzione della loro attività anche in caso di controlli all’esterno da parte delle Forze dell’Ordine, circostanza in cui si presentava, anche grazie alla difficoltà di effettuare una precisa identificazione delle minori, quale “zia” delle ragazze. Assistevano inoltre alle percosse che erano perpetrate ai danni delle tre povere vittime da uno dei minorenni arrestati S.D.

LA VENDITA DEL BIMBO. Il figlio dei due, Solomon Costache insieme ai due minorenni S.D. e D.I. esercitava sulle vittime poteri corrispondenti al diritto di proprietà, riducendole e mantenendole in stato di soggezione continuativa, fino ad azzerarne, attraverso l’impiego quotidiano della violenza e delle minacce, ogni capacità di autodeterminazione, riducendole al rango di “res”, facendole temere per la propria vita, nonché sottoponendole a continue deprivazioni e sofferenze fisiche e psichiche; conducendole sulla strada statale 16 dove controllavano che si prostituissero, permanendo sul posto con continui passaggi in automobile o nascondendosi dietro i cespugli; fornendo alle vittime i preservativi necessari ad esercitare l’attività di prostituzione alla quale erano costrette. La sua compagna, Mariana Raluca Iovanut partecipava e assisteva alle attività illecite, in particolare costringendo la ragazza poi fuggita a prostituirsi fino al settimo mese di gestazione, proponendo agli altri fermati la possibilità di vendere il nascituro ad un soggetto da lei conosciuto per la somma di 28mila euro.

L'OPERAZIONE. Le indagini consentivano di accertare come fosse prassi consolidata quella di costringere le minori a prostituirsi anche durante la gravidanza e, davanti al rifiuto opposto dalle vittime, le stesse venivano percosse senza pietà dai rispettivi fermati preposti al loro controllo. I decreti di fermo sono stati eseguiti congiuntamente dalla Procura della Repubblica di Bari- D.D.A. e dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Bari, essendo due dei fermati minorenni. Le indagini svolte nei confronti dei predetti hanno dimostrato che si tratta di due fratelli del medesimo nucleo, la cui condotta, a dispetto della minore età, si è caratterizzata per la ferocia e la violenza adoperate nei confronti delle vittime, del cui stato di schiavitù entrambi rispondevano direttamente al capo famiglia. Le due Procure della Repubblica hanno agito in sinergia, in considerazione della gravità dei fatti reato e del pericolo connesso alla vulnerabilità delle vittime, elementi, questi, che hanno indotto gli inquirenti a svolgere indagini “lampo”, anche per prevenire il rischio “fuga” da parte dei fermati. Le condotte dei fermati sono connotate da allarmante gravità, attesa la loro efferatezza ed il disprezzo per la vita umana dimostrati dagli indagati, soprattutto in danno di giovani vittime minorenni e dei nascituri che portavano in grembo; gli stessi hanno, pertanto, dimostrato una totale indifferenza per le condizioni di particolare fragilità delle vittime e di non possedere il benché minimo sentimento di pietà verso le stesse. Decisivo, ai fini delle indagini, è risultato il contributo delle vittime reso attraverso le loro dichiarazioni. I fermati si trovano ristretti in stato di custodia cautelare, rispettivamente, presso il Carcere di Foggia e presso il C.P.A. dell’Istituto Penale per i Minorenni di Bari. Quella di oggi costituisce una delle prime e più importanti operazioni della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari in materia di riduzione e mantenimento in stato di schiavitù e di sequestro di persona consumati ai danni di giovani minorenni da destinare al mercato della prostituzione, nonché segna l’inizio di una serie di attività finalizzate al contrasto di un fenomeno tragicamente allarmante e dilagante.


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di Redazione 


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