"Il Comune degli incandidabili": il tribunale boccia la squadra di Landella
La prima sezione civile del tribunale di Foggia ha dichiarato l'incandidabilità di Franco Landella, Leonardo Iaccarino, Antonio Capotosto, Consalvo Di Pasqua, Dario Iacovangelo, Liliana Iadarola, Bruno Longo ed Erminia Roberto alle elezioni per la Camera dei Deputati, per il Senato della Repubblica e per il Parlamento Europeo nonché alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, in relazione ai due turni elettorali successivi al Decreto di scioglimento per maifa del Comune di Foggia, avvenuto il 6 Agosto scorso. Richiesta respinta, invece, per Pasquale Rignanese e Lucio Ventura.
L'INCANDIDABILITA'. La decisione arriva a seguito dell'istanza presentata, a norma di legge, dal Ministero dell'Interno. Secondo il tribunale l'ex sindaco Franco Landella, l'ex presidente del consiglio comunale Leonardo Iaccarino e i sei consiglieri citati hanno posto in essere “ comportamenti idonei a favorire infiltrazioni o condizionamenti della criminalità organizzata nella gestione dell’ente territoriale”. In concreto, viene addebitata “l’omessa attivazione da parte loro - come elementi di vertice dell’ente - dei poteri di indirizzo e controllo sulla gestione amministrativa, finanziaria e tecnica dell’ente operata dall’apparato burocratico ed, in particolare, dai dirigenti, dai funzionari e dai dipendenti comunali”.
INFILTRAZIONI MAFIOSE. Secondo il tribunale di Foggia “l’organo di governo comunale nulla ha fatto dinanzi a plurime anomalie, irregolarità e malfunzionamenti della macchina amministrativa dell’ente locale – per alcune vicende che hanno avuto particolare risalto mediatico, con conseguente accresciuta sfiducia della comunità locale – per riportare l’attività dell’amministrazione sui binari della legalità in un contesto territoriale caratterizzato dalla pressante e deleteria presenza di agguerriti sodalizi mafiosi, in grado di insinuarsi subdolamente nel tessuto economico locale, tanto da avere nel tempo guadagnato l’appellativo di “mafia imprenditoriale”. In sintesi, non è stata impedita “l’ingerenza della criminalità organizzata nelle attività di gestione dell’ente locale”. Dunque, nel Comune di Foggia si è verificata “ una compromissione del buon andamento e dell’imparzialità dell’amministrazione comunale e del regolare funzionamento dei servizi a quest’ultima affidati, imputabile a forme di condizionamento indiretto degli amministratori da parte della criminalità organizzata di tipo mafioso, tale da aver alterato il procedimento di formazione della volontà degli amministratori”.
VENTURA E RIGNANESE. Decisione contraria è stata presa dai giudici nei confronti di Lucio Ventura e Pasquale Rignanese. Per loro, in quanto, scrive il tribunale, vi è “in mancanza di prova (e prima ancora di idonea allegazione) della sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi di collegamento, diretto o indiretto, da parte loro con la criminalità organizzata”.
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