La recensione dello spettacolo scritto da Adelmo Monachese con Galano e Bevilacqua
Si è concluso – per ora – il ciclo di recite di “Acqua, acqua, acqua”, la pièce di Adelmo Monachese che ha visto le compagnie del Teatro dei Limoni, con Roberto Galano, e della Piccola Compagnia Impertinente, con Pierluigi Bevilacqua, impegnati in un’insolita quanto fruttuosa joint venture culturale.
IL TESTO. La scrittura è agile e divertente. Forse un po’ troppo accennata, rispetto a certi temi, ma del resto l’oggetto – la prima solitaria in barca a vela intorno al mondo – non permetteva altrimenti. Monachese strizza l’occhio ad alcuni tòpoi, un po’ Hemingway, un po’ Baricco con Novecento, ma per tessere una sceneggiatura autonoma, scanzonata, onirica, malinconica e volutamente comica. Il risultato è una messa in scena quasi ad episodi, grazie agli stacchi di luce, in cui si dipana la storia di JoshuaSlocum e della sua barca Spray che circumnaviga la terra e fa ritorno in porto, dopo le peregrinazioni e le avventure.
GLI ATTORI. Il lupo di mare Galano dosa rudezza e comicità, introspezione e malinconia, soprattutto quando, novello Odisseo, tornato in patria, decide di rimettersi in viaggio, perché ha trovato un mondo diverso da quello che si immaginava, perché capisce che la sua dimensione è il viaggio ed il mare. Decisamente diverso dalla figura di un insolito Cristoforo Colombo, interpretato da Pierluigi Bevilacqua, in continua altalena tra Ottocento e modernità, che accompagna Slocum come allucinazione per tutto il viaggio. Colombo, tanto pratico quanto scanzonato, riporta il capitano alla lucidità, lo interroga, lo provoca ad interrogarsi, quasi lo ascolta con tenerezza nelle sue confidenze.
LE COMPAGNIE. L’amore, il viaggio, la delusione, la natura, le ristrettezze, la solitudine, la comicità della vita stessa si alternano e si intrecciano, fino al duetto canoro tra Slocum e Colombo che – ovviamente – cantano Gente di mare. Si coglie la celebrazione della radio, si legge un omaggio anche all’astronauta di Gravity, insomma, a guardar bene, c’è dentro parecchio. Con la scarna scenografia e coi costumi abbozzati, è evidente che l’intento del soggetto è quello di pennellare il viaggio con accenni, coglierne quasi per sommicapi il senso, tirarne le fila con leggerezza, parafrasando il senso stesso della vita. Galano e Bevilacqua funzionano, come funziona il partenariato tra le compagnie. Questo dovrebbe essere ininfluente rispetto al lavoro ma, in questa temperie, suona come un invito a tornare ad affollare i teatri, a ricucire strappi profondi.
Il teatro di Foggia ha fatto il primo passo. Ed è stato tutt’altro che scontato. Acqua benedetta sulla città.(foto Samuele Romano)
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