Tangenti al Comune, cinque anni a Biagini e Laccetti. L'avvocato del consigliere: "Non è concussione. Faremo appello"
Sancita la concussione nella sentenza di primo grado
Il Tribunale di Foggia ha condannato l'ex dirigente comunale Fernando Biagini a cinque anni e quattro mesi di reclusione per il reato di concussione. Cinque anni per il medesimo reato per l'ex consigliere comunale Massimo Laccetti mentre l'imprenditore Adriano Bruno è stato condannato a un anno, con pena sospesa, per favoreggiamento reale.
LE DECISIONI. Si è concluso con tali sentenze il processo di primo grado relativo al caso delle tangenti versate dall'imprenditore Zammarano nell'ambito del procedimento relativo alla locazione di un immobile da destinare a nuova sede del Tribunale. Sostanzialmente accolta la tesi di concussione sostenuta dal pubblico ministero Antonio Laronga che aveva chiesto per Biagini e Laccetti una condanna a sei anni e otto mesi. Secondo il gup, invece, per l'imprenditore Antonio Bruno si è trattato di favoreggiamento reale; da qui la pena più lieve di un anno con beneficio della sospensione.
LA DIFESA DI LACCETTI. "Faremo sicuramente appello. Attendiamo le motivazioni della sentenza ma restiamo certi di poter dimostrare le nostre ragioni". E' questo il commento dell'avvocato Michele Curtotti che assiste nel processo l'ex consigliere Massimo Laccetti. La difesa mira a derubricare il reato di concussione in quello più "lieve" di corruzione. "Il mio assistito - continua Curtotti - ha dimostrato nel corso del processo uno spirito collaborativo ammettendo parzialmente le colpe attribuitegli raccontando solo la verità. Siamo fiduciosi di poter convincere i giudici di come in realtà siano andate veramente le cose anche se per capire come procedere dovremo attendere il deposito delle motivazioni".
I contenuti dei commenti rappresentano il punto di vista dell'autore, che se ne assume tutte le responsabilità. La redazione si riserva il diritto di conservare i dati identificativi, la data, l'ora e indirizzo IP al fine di consegnarli, dietro richiesta, alle autorità competenti. La Corte di Cassazione, Sezione V, con sentenza n. 44126 del 29.11.2011, nega la possibilità di estendere alle pubblicazioni on-line la disciplina penale prevista per le pubblicazioni cartacee. Nello specifico le testate giornalistiche online (e i rispettivi direttori) non sono responsabili per i commenti diffamatori pubblicati dai lettori poichè è "impossibile impedire preventivamente la pubblicazione di commenti diffamatori". Ciò premesso, la redazione comunque si riserva il diritto di rimuovere, senza preavviso, commenti diffamatori e/o calunniosi, volgari e/o lesivi, che contengano messaggi promozionali politici e/o pubblicitari, che utilizzino un linguaggio scurrile.Riproduzione Riservata.