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Ucciso per difendere l'onore di Giosuè Rizzi. Il movente: una relazione con la donna del boss

Svolta nelle indagini dell'omicidio Bruno. Un arresto

Gli inquirenti non hanno dubbi. Michele Bruno è stato ucciso per difendere e vendicare l'onore di Giosuè Rizzi, il "Papa" di Foggia. Un affronto troppo grande quello avanzato, forse inconsapevolmente, dal 31enne foggiano ucciso nell'ottobre del 2011, in via Lagonigro, con quattro colpi di revolver calibro 7,65: “si sarebbe in più occasioni vantato di aver intrattenuto una relazione sentimentale con l’ex amante del Papa di Foggia, una relazione portata avanti durante l’ultimo periodo di detenzione patito da quest’ultimo”.
Questo il movente attorno al quale ruota il teorema investigativo che ha portato gli inquirenti della Procura di Foggia e della squadra mobile ad eseguire una ordinanza di misura cautelare in carcere nei confronti del pluripregiudicato Mario Piscopia, di 32 anni, già detenuto perché tratto in arresto nell’ambito di precedenti operazioni di polizia (le ultime, in ordine di tempo, il tentato omicidio ai danni di Claudio Briglia, nell’agosto scorso, e il blitz “Habemus Papam” ad ottobre). Piscopia, ritenuto l’esecutore materiale dell’omicidio di Bruno, è considerato dagli inquirenti vicino al clan Moretti-Pellegrino nonché uomo di fiducia dello stesso Rizzi
Le attività che hanno impegnato il personale della Sezione Criminalità Organizzata sono state frutto di attenta analisi, al fine di ricostruire l’intera vicenda. Sono state esperite intercettazioni telefoniche e ambientali, acquisitre immagini e documenti che hanno consentito alla Squadra Mobile di Foggia di portare avanti le necessarie attività con le quali la Procura di Foggia ha richiesto ed ottenuto dal gip la misura cautelare. Le indagini, infatti, hanno consentito  di accertare che la vittima, insieme al suo presunto assassino, si erano intrattenuti, conversando amabilmente, nel locale “Fizzy”, in corso del Mezzogiorno, poi nella Sala Bingo e in altri locali della città, fino a quando non sono rimasti soli in auto. Le numerose intercettazioni telefoniche e ambientali hanno fatto emergere una impressionante catena di elementi a carico del 32enne; prove che si sommano a quella ritenuta una prova-chiave: un’impronta digitale rilevata all’interno della Lancia Delta nella quale venne trovato il cadavere di Bruno.

di Redazione 


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