Via Arpi, la relazione tecnica inchioda i proprietari: "Nessun lavoro in 13 anni sull'edificio pericolante"
C'è un elemento inquietante e sottovalutato nell'ordinanza di sgombero dell'edificio pericolante in via Arpi. Lo ha accennato l'assessore Giuseppe Galasso nelle interviste ai giornalisti, parlando di "reiterazione del provvedimento del 2011", ma leggere nel dettaglio l'ordinanza rende meglio il degrado e la cattiva gestione dello stabile, da parte dei proprietari, per oltre un decennio.
LA MESSA IN SICUREZZA. Nell'ordinanza, infatti, si fa riferimento alla relazione di sopralluogo dell'1 aprile con cui "si segnala la pericolosità per la pubblica e privata incolumità" e, attraverso la documentazione fotografica a corredo, viene comprovato "lo stato di pericolo per la pubblica incolumità e per la sicurezza stradale", tanto da arrivare alla chiusura del tratto di via Arpi interessato. Ma nel provvedimento si fa anche un passo - e che passo - indietro nel tempo e si torna alla "precedente ordinanza n. 113 del 20 ottobre 2011, relativa al medesimo immobile, con la quale si disponeva 'l’esecuzione di tutte le opere provvisionali necessarie alla completa e definitiva messa in sicurezza del fabbricato”. A questa ordinanza faceva seguito, la comunicazione post-intervento del 23 maggio 2012 con la quale "la proprietà ha notiziato che la ditta incaricata 'ha eseguito le opere di puntellamento e di messa in sicurezza delle parti pericolanti del fabbricato che potenzialmente determinavano il pericolo per la pubblica e privata incolumità' e contestualmente ha altresì comunicato il nominativo del tecnico incaricato 'per le opere di completamento e definitiva ristrutturazione', significando 'la necessità, nell’immediato, di eseguire le opere di ristrutturazione e di miglioramento statico/sismico delle strutture portanti in muratura e in legno al fine di eliminare definitivamente la condizione provvisoria di messa in sicurezza”. In sostanza, i proprietari dell'immobile, nel maggio di 13 anni fa, avevano assicurato un "immediato intervento".
NESSUN LAVORO IN 13 ANNI. Dalla relazione del 2 aprile 2025, invece, risulta tutt'altro. Ed è stato necessario attendere il crollo parziale della copertura in legno, per accorgersi come nessun lavoro fosse stato operato: "Nel lasso di tempo intercorso tra le opere di puntellamento eseguite in forza della precedente ordinanza n.113/2011 e l’attualità - si legge nell'ordinanza -, non si ha notizia circa l’esecuzione delle ulteriori “opere di ristrutturazione e di miglioramento statico/sismico delle strutture portanti in muratura e in legno al fine di eliminare definitivamente la condizione provvisoria di messa in sicurezza” bensì, dagli esiti del sopralluogo 01/04/2025, è possibile desumere una recrudescenza della condizione di incuria e degrado strutturale, manifestatosi con il crollo di parziale della copertura, e conseguente deleteria esposizione alle intemperie dei sottostanti solai e verosimile aggravamento dei quadri fessurativi sulle murature perimetrali".
IL DEGRADO. In base al provvedimento, dopo le relazioni tecniche, "il fabbricato appare non in uso ed in evidente stato di abbandono, degrado avanzato, e sono ben visibili su tutte le facciate lesioni passanti verticali ed oblique, unitamente ad uno spanciamento del prospetto lungo vico Arco Addolorata, circostanze tutte che verosimilmente pregiudicano la stabilità dell’intero edificio, rendendolo inagibile dal punto di vista strutturale ed igienico sanitario". Ma non solo: nell'ordinanza si evidenzia che "lo stato conservazione e di abbandono dell’edificio, ricettacolo di rifiuti e rifugio di animali, costituisce altresì fattore di rischio igienico-sanitario e impone interventi urgenti finalizzati al ripristino".
I contenuti dei commenti rappresentano il punto di vista dell'autore, che se ne assume tutte le responsabilità. La redazione si riserva il diritto di conservare i dati identificativi, la data, l'ora e indirizzo IP al fine di consegnarli, dietro richiesta, alle autorità competenti. La Corte di Cassazione, Sezione V, con sentenza n. 44126 del 29.11.2011, nega la possibilità di estendere alle pubblicazioni on-line la disciplina penale prevista per le pubblicazioni cartacee. Nello specifico le testate giornalistiche online (e i rispettivi direttori) non sono responsabili per i commenti diffamatori pubblicati dai lettori poichè è "impossibile impedire preventivamente la pubblicazione di commenti diffamatori". Ciò premesso, la redazione comunque si riserva il diritto di rimuovere, senza preavviso, commenti diffamatori e/o calunniosi, volgari e/o lesivi, che contengano messaggi promozionali politici e/o pubblicitari, che utilizzino un linguaggio scurrile.Riproduzione Riservata.