Undici, undici, novantanove, diciannove e sessantasette. Sono i “numeri” che l’attore foggiano Michele De Virgilio ripete senza sosta vestendo i panni di Tonino, il protagonista buffo, puro e ingenuo di “Tonino a testa in giù”, il monologo che ieri sera ha aperto la stagione teatrale della Provincia di Foggia, al Teatro del Fuoco. Sono i numeri che Tonino il pazzo – così come è conosciuto nel centro di igiene mentale che lo ospita – ripete ogni volta che ha bisogno di aggrapparsi ad un dato reale, per uscire fuori e scappare - anche solo per un momento – dalla nostalgia dei ricordi. Un brivido di commozione ha attraversato - composto, silenzioso, doloroso - la platea del teatro di vico Cutino quando quei numeri hanno svelato il loro significato: è la cabala della notte dell’undici novembre 1999, quando in 19 secondi netti un palazzo di sei piani si è ripiegato su se stesso provocando 67 vittime. E’ la fine di viale Giotto 120, la più grande tragedia di Foggia, dopo i bombardamenti del 1943.
LO SPETTACOLO. Dopo i consensi e gli apprezzamenti ricevuti lo scorso anno – prima a Foggia, al Teatro dei Limoni (realtà foggiana che ha co-prodotto lo spettacolo) e poi a Parigi - “Tonino a testa in giù” scritto ed interpretato da De Virgilio per la regia della belga Marie Pascale Osterrieth è tornato in scena nel capoluogo dauno nel giorno del
tredicesimo anniversario della tragedia. Il merito di De Virgilio è quello di aver scelto un approccio insolito e originale per raccontare la storia di viale Giotto. Uno spettacolo che non vuole essere né una cronaca degli eventi, né un
j’accuse. Al contrario, Tonino a testa in giù intende rievocare – con dolcezza, delicatezza e rispetto – il microcosmo di quel numero civico che non c’è più, con tutti i suoi “abitanti”: il pugile, gli sposini, l’operaio, il disoccupato, la studentessa, tutti rievocati nel privato dei loro appartamenti o nelle chiassose e colorite riunioni condominiali. Tanti frammenti di vita interrotti bruscamente, inaspettatamente; storie ispirate a quelle dei reali condomini e poi rielaborate dallo stesso De Virgilio che, per l’occasione, ha rispolverato le sue radici foggiane. A raccontare queste storie è Tonino, unico immaginario sopravvissuto del crollo di viale Giotto. Tonino è un reduce, un “crollato”, un bambino prigioniero di un corpo adulto. La sua vita si è fermata nella notte di quell’11 novembre: per questo in lui vi è una diversità poetica e una sensibilità singolare che gli permette di entrare nella vicenda con la d
elicatezza ed il candore di un
personaggio puro. Seduto sulla sua panchina, Tonino aspetta l’amore e, attraverso la sua fantasia e la capacità di ricordare e rievocare, riesce a circondarsi di numerosi personaggi, tutti alla ricerca di regole che possano mettere quiete alle continue vicissitudini condominiali. Descrivendo gli inquilini di questo palazzo, Tonino diventa lo specchio di uno spaccato di società, il testimone di amori, il custode di sogni e di speranze giovanili, il controllore di regole infrante senza nessuna remora. Uno spettacolo leggero ma rispettoso della vicenda, sotteso da un’ironia surreale che a tratti si fa amara. Pur essendo fortemente localizzato, lo spettacolo ha respiro universale: il crollo di viale Giotto, quindi, diventa un crollo metaforico dalle cui macerie bisogna ripartire per riacquisire una coscienza sociale e riappropriarsi dell’importanza di regole e valori. Insomma, cambiare un intero paradigma di pensiero affinchè non ci siano più "palazzi nati morti".