La rivoluzione, il mondo di cartapesta delle celebrità, lo scarto rispetto alla sua precedente produzione letteraria. E ancora il desiderio, com'è oggi e com'è cambiato rispetto a qualche anno fa, dal suo punto di vista di intellettuale tra i più importanti d'Italia. Tre domande a Walter Siti, in occasione della presentazione del suo romanzo “Resistere non serve a niente” (Rizzoli), andata in scena nello spazio live della libreria Ubik di Foggia lo scorso giovedì 30 maggio. Con lui, ad impreziosire l'incontro, il critico Vito Santoro (che ha definito Siti "l'autore più importante degli ultimi vent'anni") e il direttore artistico della libreria Michele Trecca.
UN PROTAGONISTA DIFFICILE. “Volevo provare a parlare di questo denaro  smaterializzato, di questo delirio di onnipotenza”. Lo scarto arriva  subito, già nelle prime battute della serata: Walter Siti, ospite di  cartello della stagione letteraria della libreria Ubik, ammette il  taglio differente della sua ultima creatura, “Resistere non serve a  niente”, romanzo sul quale la casa editrice Rizzoli punta molto, anche  in vista  dell'imminente Premio Strega 2013. Un libro diverso, se  confrontato a titoli come “Troppi paradisi” e “Scuola di nudo”, tanto  per citarne solo alcuni tra la sua ottima produzione. Il denaro, il  desiderio, la mercificazione di ogni tipo di valore, e ancora il corpo  come moneta di scambio e l'impossibilità di sfuggire a eventi tanto  intangibili quanto determinanti: questi gli spunti che hanno originato la  storia di Tommaso, protagonista “difficile” a dire dello stesso Siti:  “vera e propria scommessa, perché mai in grado di amare, capace di atti  infami, personaggio ostico sin dall'inizio, a cui però ho finito per  affezionarmi”.
L'ISPIRAZIONE E' REALE. Eppure, Tommaso esiste davvero. O, quanto meno,  ha il proprio corrispettivo nella realtà dei fatti. È Francesco  Campanella, un pentito di mafia di cui Siti ha letto le dichiarazioni  spontanee (“Personaggio a suo modo interessante”) e dal quale ha potuto  tratteggiare il suo protagonista: broker, poi investitore, speculatore  finanziario invischiato con la malavita, ma sempre  a debita distanza  dal sangue vero, dagli omicidi, da quei piccoli pezzi di mondo che si  infiammano e crollano a causa di un bottone pigiato, di una telefonata,  di uno spostamento di capitali (“Rovinare la gente, ma senza sporcarsi  le mani”). Nella realtà, dal comune siciliano che governava come  sindaco, Villabate, Campanella dava asilo a Bernardo Provenzano e  contemporaneamente consegnava a Raul Bova un premio antimafia creato ad  hoc, per la sua interpretazione nel film “Ultimo”. Nel romanzo invece,  Tommaso è altrettanto diabolico ma cerca di preservarsi da qualsiasi  commistione con la vera “mala”, perdendosi in una vita sessuale e  sentimentale a dir poco inautentica, alle prese con “un'olgettina furba –  come l'ha definita Siti – che ha dato una versione tutta sua al  femminismo”, e amato da una pseudo scrittrice “bruttina” che non  riuscirà mai a ricambiare. Si tiene alla larga, cerca il distacco, ma  non può mantenerlo per sempre: “Ad un certo punto  – avverte l'autore –  anche Tommaso capitola, perché per avere una scintilla di umanità deve  per forza sporcarsi le mani”.
IL MITO DI EDIPO. Uno schema edipico, un'architettura pregevole, la  quale paga il proprio debito alla mitologia dunque, come esemplificato  in una frase che la madre del protagonista pronuncia, di fatto  profetizzando gli avvenimenti futuri raccontati nel romanzo: “Continua  così e finirai come tuo padre”.  Tommaso fa di tutto per sfuggire quella  sorte (il padre è un delinquente di basso rango), si allontana  geograficamente e socialmente, punta in alto, ma non può non cadere alla  fine: “Ciò che mi fa più male ammettere – ha detto Siti, in merito al  suo protagonista – è che nonostante sia un personaggio così freddo, così  cinico e rovinato dal denaro, Tommaso è comunque uno che vorrebbe  l'infinito, che mira ad esso”.